Federica Marsico (Cremona)
L’amore proibito nella “Phaedra” di Benjamin Britten 

L’ultima composizione per voce sola di Benjamin Britten fu la cantata drammatica Phaedra, per mezzosoprano e piccola orchestra (op. 93). L’opera debuttò al xxix Festival di Aldeburgh il 16 giugno 1976, pochi mesi prima della morte del compositore, con Janet Baker nel ruolo della protagonista. Il lavoro occupa una posizione di rilievo nel panorama della ricezione musicale del mito di Fedra. Nel Settecento e nel primo Ottocento furono numerose le elaborazioni del soggetto tratte della tragedia Phèdre di Jean Racine (di rilievo quelle di Jean-Philippe Rameau, Christoph Willibald Gluck, Tommaso Traetta, Giovanni Paisiello e Johann Simon Mayr). Dopo il 1820 il mito scomparve dalle scene liriche e venne ripreso solo all’alba del xx secolo, prima con le musiche di scena di Jules Massenet per la pièce raciniana (1900), poi con il debutto operistico di Ildebrando Pizzetti in collaborazione con Gabriele D’Annunzio (1909), seguito dall’‘opéra-minuteLa délivrance de Thésée di Darius Milhaud (1928). Nella seconda metà del secolo la cantata britteniana aprì la strada ai successivi adattamenti di Sylvano Bussotti (1980: Le Racine; 1988: Phèdre) e di Hans Werner Henze (2007: Phaedra), che restituirono vitalità al mito.
La fonte testuale della cantata fu la traduzione inglese della tragedia di Racine ad opera di Robert Lowell, pubblicata nel 1961. Britten selezionò alcune porzioni dei quattro monologhi della regina, momenti chiave della lotta dell’istinto contro la razionalità, ossia del desiderio erotico incestuoso contro la vergogna di una passione malata. Dall’analisi poetico-musicale emerge una perfetta integrazione di musica e testo. L’intonazione vocale e l’orchestrazione si fanno interpreti delle deviazioni del metro poetico (rispetto alla prevalente pentapodia giambica) in corrispondenza dei punti di maggiore tensione emotiva. L’analisi della partitura rivela inoltre quanto l’agogica, il metro, la strumentazione e le soluzioni armoniche cooperino alla caratterizzazione espressiva degli episodi (ora in recitativo, ora più ariosi), corrispondenti al dissidio interiore della donna. Nella scelta di un soggetto mitico incentrato sul conflitto tra una passione irrefrenabile e la sua condanna sociale è ravvisabile una relazione con l’individualità di genere dell’Autore, sulla scorta dei queer studies, copiosi per la produzione lirica di Britten.