Il repertorio sconfinato di aforismi e luoghi comuni sulla critica musicale sembra dipingere un accigliato Beckmesser (il piccolo e lamentoso critico pedante dell’opera Die Meistersinger von Nürnberg di Richard Wagner ndr) avulso dalla realtà attiva dell’arte e intento a sfogare le proprie frustrazioni tranciando giudizi. E se il critico musicale instaura rapporti con chi sta “dall’altra parte”, ovvero con i musicisti, con chi la musica la fa, può essere accusato di avere connivenze, interessi, malafede. I miei incontri inseriti nell’attività didattica dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino e di quella Verdiana del Regio di Parma negli ultimi anni hanno avuto come scopo primario proprio superare questi orizzonti e illustrare il nostro lavoro di critici e il rapporto con gli artisti. In tutti i casi, la prima parte della giornata si basa sul dialogo e dibattito: una presentazione reciproca e uno spazio libero alle domande degli allievi. Il confronto si fa pratico, i ragazzi presentano arie o pezzi d’assieme, che vengono commentati cercando di coniugare un clima sereno e informale con il rigore professionale, sempre in senso costruttivo. Questo lo schema generale degli incontri, le cui dinamiche dipendono dalle esperienze e dalle curiosità del gruppo che ci si trova di fronte.

Lo stesso esercizio critico, d’altronde, è parte di un sistema di relazioni: ciò che è messo su carta dal compositore (e, nel caso dell’opera, dal librettista) è sottoposto, per esistere, all’interpretazione di strumentisti, direttori, cantanti, registi, oltre che di musicologi; queste interpretazioni e questi studi sono oggetto, per il critico, di analisi e riflessioni che possono fornire spunti a loro volta e costituire un documento sulla ricezione e comprensione dell’arte nel tempo. Si tratta, insomma, di una rete in cui circolano idee, non priva di contatti e dialoghi diretti. Ogni critico deve ogni giorno confrontarsi prima di tutto con sé stesso, con la consapevolezza dei propri limiti e del labile confine fra dato oggettivo (se mai è possibile definirlo) e percezioni soggettive. C’è chi sceglie la via dell’isolamento come condizione di trasparenza e autonomia: un’opzione di coscienza più che rispettabile, ma ritengo che la comunicazione possa essere una ricchezza ben maggiore degli eventuali rischi per tutti coloro che, con ruoli diversi, ruotano intorno al mondo della musica d’arte.

“Il critico bravo è quello che scrive ciò che vorrei leggere” è il primo assunto da demolire, spiegando come una penna onesta e competente possa offrire non solo gratificanti conferme, ma anche stimoli per migliorare. Viceversa, non val la pena di offrire la visibilità di cui soprattutto la pseudocritica sul web si nutre, nemmeno per rimpolpare una rassegna stampa positiva. Si danno anche consigli di comunicazione (mai polemizzare!) o si discute di problematiche d’attualità, ma il centro dell’attenzione resta sempre la musica, nella teoria e nella pratica.

Questi incontri con gli allievi delle accademie di perfezionamento, infatti, confermano come si possa essere più onesti alleati che nemici da tenere a distanza o con cui cercare contatti sottobanco. E conferma come il dialogo possa essere fecondo e costruttivo per entrambe le parti. Le domande dei ragazzi non sono mai banali, ma affrontano questioni tecniche, metodologiche ed etiche con la lucidità di un osservatore esterno e tuttavia coinvolto. Ciò fa sì che non si possa parlare di lezioni frontali e unilaterali: a mia volta ricevo una quantità sempre sorprendente di spunti di riflessione sul mio lavoro, sulle sue difficoltà e sul suo fascino, per me inscindibile dal confronto con le altre parti in causa. Si tratta di uno scambio tanto più importante e fecondo ora, in un momento di crisi culturale in cui la miglior opportunità di riscatto può essere proprio la rivalutazione del pensiero critico e di un dibattito che non sia solo la rigida contrapposizione frequente sulle piattaforme social (all’insegna dell’incrollabile “io la penso così” senza possibilità di incontro). Venendo a contatto con la preparazione, la curiosità, il talento e la passione di tanti giovani artisti, penso che sia loro dovuto, oltre che prezioso anche per noi.

Roberta Pedrotti
Direttrice della testata “L’Ape Musicale”
Membro del direttivo dell’Associazione Nazionale Critici Musicali