in collaborazione col
Dipartimento delle Arti Alma Mater Studiorum — Università di Bologna 

Diciannovesimo Incontro
dei Dottorati di Ricerca in Discipline musicali

sabato 23 giugno 2015, ore 10,15—13 e 14,45—17,45
Laboratori delle Arti
Bologna, piazzetta P. P. Pasolini 5b (via Azzo Gardino 65)

 

Abstracts

Federico Del Sordo (Teramo) 
La formazione del cantore ecclesiastico dal concilio di Trento al movimento ceciliano

La disciplina musicale dei riti imposta dal Concilio di Trento raccoglie un’eredità che dalla seconda metà del Quattrocento si era ampiamente manifestata nei libri liturgici a stampa, in alcuni importanti documenti normativi della Chiesa, nella nascente trattatistica specifica e in un cospicuo numero di opere musicali. Non vi è dubbio, tuttavia, che – a partire dagli inizi del secolo XVII – essa intraprende un nuovo corso, partendo da una generale revisione del repertorio più intimamente legato alla prassi liturgica, il cosiddetto canto fermo o canto ecclesiastico nelle sue varie fogge. Dato che esso continuò a essere considerato il punto di partenza primario per l’attività compositiva ed esecutiva destinata alle celebrazioni religiose, il rinnovamento della prassi liturgico-musicale non poté rinunciare a mantenerne e trasmetterne il complesso apparato teorico-pratico, maturato sull’arco di tradizione millenaria; apparato ove convergevano teoria musicale, notazione, testualità liturgica ed educazione della voce.

La conservazione del canto fermo costituisce perciò il filone principale attraverso il quale si snoda la didattica con cui viene istruito il cantore ecclesiastico, il quale si trova al centro di una fitta rete di relazioni con gli altri soggetti che partecipavano al ludus rituale (l’organista, la compagine vocale-strumentale, il compositore, il celebrante), fino a quando la Restaurazione gregoriana e le istanze sollevate dal Movimento di restaurazione liturgica (che conobbe il suo momento apicale col motu proprio di Pio x) non cominciarono a rimetterne in discussione il ruolo. Prima di quella stagione riformatrice, il processo che accompagna l’educazione del cantore mantenne perciò costanti aspetti che, invece, la teoria musicale non ecclesiastica tendeva a semplificare, a disconoscere e, nel pieno della tradizione romantica, addirittura ad annientare.