Ventiduesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Bologna, 23-25 novembre 2018

 

Abstracts

Luciano Rossi (Trento)
Marco Santucci (1762-1843): un musicista da conoscere e riconoscere

L’intervento affronta aspetti dell’arte e della biografia artistica del compositore e teorico toscano don Marco Santucci (1738-1788) attraverso lo studio e il commento di alcune sue composizioni inedite, in particolare lavori di musica sacra e/o liturgica con orchestra, per la maggior parte autografi e provenienti da fondi e depositi diversi, distribuiti in modo non uniforme su gran parte del territorio nazionale.

Musicista poliedrico e noto didatta – insegnò, tra i molti, anche a Michele Puccini (1813-1864) –, per buona parte della sua vita si dedicò, sia in campo teorico sia attraverso la composizione, anche ad una ridefinizione stilistica di alcune forme liturgico-musicali d’uso corrente, nel rispetto però della tendenza compositiva a lui contemporanea, e attese altresì alla redazione di un saggio erudito al riguardo – il trattato Sulla melodia, sull’armonia e sul metro (Lucca, Bertini, 1828) –, per il quale raccolse reazioni contrastanti, sino ad arrivare alla critica più dura avanzatagli dal sistino Giuseppe Baini (1775-1844).

Santucci iniziò la sua professione come musicista pratico nella città natale, quale assistente organista nella chiesa di Camaiore (1778), studiando poi a Napoli con Fedele Fenaroli e, una volta conclusa la sua formazione accademica, divenendo maestro di cappella della Basilica Lateranense (1797) e successivamente canonico della Cattedrale di S. Martino di Lucca (1808), dove tenne per sé in esclusiva l’ufficio dell’organo per molti anni (sino al 1820), collaborando così con frequenza con i maestri direttori della locale cappella, tra i quali ricordiamo Domenico (1772-1815) e Antonio Puccini (1747-1832).

Autore indagato dalla musicologia oramai già da alcuni anni – pur se in contesti solitamente specialistici e quasi esclusivamente rispetto al suo rapporto con la famiglia Puccini –, di lui ci restano comunque decine e decine di composizioni ancora da investigare, manifesto palese di una attività creativa intensa e molto apprezzata dai suoi contemporanei. A tal proposito, segnalo sue composizioni nella Biblioteca del Conservatorio di Napoli, in Laterano, a Lucca (nella Biblioteca diocesana e in quella Statale, oltre che nella Biblioteca del Conservatorio), come pure, ma in misura minore, nella Biblioteca dell’Accademia Filarmonica di Bologna, nella Marciana di Venezia, nella biblioteca del Conservatorio “Cherubini” di Firenze, oltre che nell’Archivio Capitolare di Pistoia, nella Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, nella Biblioteca Casanatense di Roma e nella collezione Santini a Münster; ma è a Camaiore che si conserva il fondo più copioso, comprendente molti autografi, oggi proprietà della famiglia Arrosti, suoi discendenti.

Ora, attraverso la trascrizione e l’attento studio di questa sua ampia produzione, partendo in primis dai testimoni del fondo Arrosti, non solo si ritiene di aver reso noto un compositore oltremodo obliato, ma si è tentato di restituire all’intera tradizione della musica colta e sacra europea, oltre che italiana, un patrimonio musicale di grande valore storico-cultuale, oltre che liturgico e devozionale.