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Per una conoscenza attiva del patrimonio musicale: il caso Vivaldi a Siena

«A Beethoven e Sinatra preferisco l’insalata, a Vivaldi l’uva passa che mi dà più calorie». Così recitava una celebre canzone e così pensavano alcuni studenti dell’Università di Siena prima di affrontare il corso di Lineamenti di storia della musica. Antonio Vivaldi, infatti, è stato al centro di una serie di lezioni e laboratori che hanno coinvolto gli studenti del corso triennale in Scienze storiche e del patrimonio culturale e che sono culminate in numerose manifestazioni.

La sfida affrontata nell’ambito dell’insegnamento è consistita principalmente nel riuscire a motivare gli studenti ad applicarsi ad una disciplina per loro sconosciuta. Il corso di studi in cui l’insegnamento musicale è inserito, è infatti volto principalmente a sviluppare le conoscenze nell’ambito della storia dell’arte e dell’archeologia, del cinema e del teatro. L’insegnamento Lineamenti di storia della musica è stato quindi parzialmente dedicato a conciliare la disciplina con gli interessi e le capacità acquisite dagli studenti nei corsi sull’analisi del film, sulla valorizzazione del patrimonio artistico e sugli allestimenti museali.

Al principio del corso è stato presentato un progetto musicale legato alla città. Questo era dedicato alla fama di Antonio Vivaldi in relazione alla prima Settimana musicale dell’Accademia Chigiana (1939). L’obiettivo del progetto era di rendere consapevoli gli studenti dell’impatto della riscoperta vivaldiana in ambito europeo e nella creazione di un immaginario collettivo su un’intera epoca, di prepararli a un ascolto consapevole del concerto che l’Accademia Chigiana stava organizzando –svolto in novembre 2019 e che è consistito nell’esecuzione delle trascrizioni caselliane delle composizioni vivaldiane (Vivaldi Renaissance, con Anna Caterina Antonacci) –, e introdurli allo spettacolo L’Affare Vivaldi (Federico Maria Sardelli e Modo Antiquo) organizzato dall’Università, tenutosi in dicembre 2019.

Divisi in gruppi, gli studenti hanno approfondito autonomamente la bibliografia sul compositore, sulle vicende della riscoperta primo-novecentesca, sull’appropriazione di Vivaldi da parte del fascismo e sull’uso della musica di tradizione colta nell’audiovisivo in relazione alle problematiche sul diritto d’autore. Si sono quindi dedicati a una ricerca sull’uso della musica vivaldiana come colonna sonora di lungometraggi, serie tv, documentari, film d’animazione e spot pubblicitari, giungendo alla conclusione che alcuni elementi stilistici rendono la musica vivaldiana adatta alla comunicazione veloce tipica dei nostri tempi. In alcuni casi hanno fatto un notevole sforzo di identificazione che li ha portati ad ascolti particolarmente attenti. 

L’esperienza degli studenti, passata per la presentazione dei lavori ai loro colleghi, è culminata nella “Notte dei Ricercatori”. I poster preparati nell’ambito del progetto sono stati presentati a Palazzo Chigi Saracini e gli studenti hanno illustrato ai visitatori il frutto del loro lavoro. In occasione del concerto Vivaldi Renaissance e dello spettacolo L’Affare Vivaldi, alcuni di loro hanno realizzato interviste agli interpreti mostrando una grande passione per l’argomento. 

L’esperienza è stata certamente positiva e le presentazioni degli studenti hanno offerto un punto di vista particolare che ha mostrato come un coinvolgimento attivo possa effettivamente allargare gli orizzonti della conoscenza musicale.

Giulia Giovani
Ricercatore
Università degli Studi di Siena
Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni Culturali

San Dionigi e il computer

Un’immagine della contemporaneità non cessa mai di essere espressione anche del passato. A questo proposito, Walter Benjamin sostiene che “ogni presente è determinato da quelle immagini che gli sono sincrone”. E, a dar seguito al filosofo tedesco, il passato e il presente non vivono in un rapporto dialettico temporale: un’immagine attuale “è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’adesso in una costellazione”.

Se intendiamo il termine immagine in senso lato, si può allora affermare che una forma di anacronismo è entrata nella costellazione del rapporto uomo-computer; vale a dire, un’interazione della contemporaneità che, ben al di là della protesi, rappresenta una vera e propria rivoluzione per l’uomo. Una proiezione del passato nel presente può essere rinvenuta nell’agiografia di un martire cristiano: san Dionigi. Come racconta Jacopo da Varazze nella Leggenda aurea, Dionigi – greco di origine, convertito alla fede di Cristo da san Paolo –, raggiunta Roma per cercare Pietro e Paolo (già ascesi al cielo), viene inviato, da papa Clemente, in Francia insieme ai compagni Rustico ed Eleuterio. A Parigi la sua attivissima azione di cristianizzazione è ben presto contrastata dall’imperatore Domiziano, che manda i suoi delegati per ucciderlo. Dionigi, con i suoi due seguaci, viene catturato; dapprima è dato in pasto alle belve, poi messo in una fornace, e poi ancora crocifisso e a lungo torturato, riuscendo sempre a uscirne miracolosamente indenne. Fino a quando ai tre discepoli – in un luogo detto Monte dei Martiri (Montmartre) ­– viene mozzata la testa con la scure. Ma anche questa volta il miracolo incredibilmente si avvera: il corpo di Dionigi si rialza, prende nelle mani la sua testa e sotto la guida di un angelo, preceduto dalla luce divina, cammina per circa due miglia fino al luogo dove ancora oggi riposa in pace: l’attuale basilica di Saint-Denis, alle porte di Parigi.

Ma perché una leggenda antica, come questa, entra in stretta risonanza con il computer? Perché con il computer siamo diventati tutti come san Dionigi. La testa intelligente fuoriesce dalla testa corporea: è la scatola-computer a mettere in funzione quelle che un tempo venivano chiamate le “facoltà”; essa dispone, infatti, di una memoria almeno mille volte più potente della nostra, di una riserva di dati ricca di milioni di immagini e di un numero infinito di brani musicali. Come scrive il filosofo Michel Serres: “La nostra testa è gettata davanti a noi, in questa scatola cognitiva oggettivata”. E, soprattutto, la testa delle giovani generazioni non deve più faticare per acquisire il sapere: è tutto lì, davanti a loro, sempre connesso e accessibile, staccato dal corpo come la testa di Dionigi. L’agiografia di un santo, insomma, può prefigurare l’immagine concreta del funzionamento del computer, che, senza dubbio, rappresenta una rivoluzione paragonabile a quella della scrittura e della stampa.

Ma come possono i nativi digitali “avviare” la testa elettronica? Sono obbligati ­– sostiene sempre Serres – a mettere in atto la “creatività”; si potrebbe dire, quel bagliore che nel quadro di Joseph Florentin Léon Bonnat s’irradia dal collo decapitato del martire. La creatività, però, si sprigiona solo se ben istruita. E, dunque, anche davanti a una rivoluzione epocale come quella digitale, il ruolo formativo dell’Università e della Scuola non deve, e soprattutto non può perdere nessuna sua fondamentale vocazione.

Hartmann Schedel, Hartmann Schedel, Liber Chronicorum, Nuremberg, Anton Koberger 1493
Hartmann Schedel, “Liber Chronicorum”, Nuremberg, Anton Koberger 1493

Joseph Florentin Léon Bonnat (1833-1922), Il martirio di san Dionigi, dettaglio, Parigi, Pantheon
Joseph Florentin Léon Bonnat (1833-1922), “Il martirio di san Dionigi”, dettaglio, Parigi, Pantheon

Lucia Corrain

Professore associato di Semiotica dell’arte

Università di Bologna

 

San Dionigi e il computer

Un’immagine della contemporaneità non cessa mai di essere espressione anche del passato. A questo proposito, Walter Benjamin sostiene che “ogni presente è determinato da quelle immagini che gli sono sincrone”. E, a dar seguito al filosofo tedesco, il passato e il presente non vivono in un rapporto dialettico temporale: un’immagine attuale “è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’adesso in una costellazione”.

Se intendiamo il termine immagine in senso lato, si può allora affermare che una forma di anacronismo è entrata nella costellazione del rapporto uomo-computer; vale a dire, un’interazione della contemporaneità che, ben al di là della protesi, rappresenta una vera e propria rivoluzione per l’uomo. Una proiezione del passato nel presente può essere rinvenuta nell’agiografia di un martire cristiano: san Dionigi. Come racconta Jacopo da Varazze nella Leggenda aurea, Dionigi – greco di origine, convertito alla fede di Cristo da san Paolo –, raggiunta Roma per cercare Pietro e Paolo (già ascesi al cielo), viene inviato, da papa Clemente, in Francia insieme ai compagni Rustico ed Eleuterio. A Parigi la sua attivissima azione di cristianizzazione è ben presto contrastata dall’imperatore Domiziano, che manda i suoi delegati per ucciderlo. Dionigi, con i suoi due seguaci, viene catturato; dapprima è dato in pasto alle belve, poi messo in una fornace, e poi ancora crocifisso e a lungo torturato, riuscendo sempre a uscirne miracolosamente indenne. Fino a quando ai tre discepoli – in un luogo detto Monte dei Martiri (Montmartre) ­– viene mozzata la testa con la scure. Ma anche questa volta il miracolo incredibilmente si avvera: il corpo di Dionigi si rialza, prende nelle mani la sua testa e sotto la guida di un angelo, preceduto dalla luce divina, cammina per circa due miglia fino al luogo dove ancora oggi riposa in pace: l’attuale basilica di Saint-Denis, alle porte di Parigi.

Ma perché una leggenda antica, come questa, entra in stretta risonanza con il computer? Perché con il computer siamo diventati tutti come san Dionigi. La testa intelligente fuoriesce dalla testa corporea: è la scatola-computer a mettere in funzione quelle che un tempo venivano chiamate le “facoltà”; essa dispone, infatti, di una memoria almeno mille volte più potente della nostra, di una riserva di dati ricca di milioni di immagini e di un numero infinito di brani musicali. Come scrive il filosofo Michel Serres: “La nostra testa è gettata davanti a noi, in questa scatola cognitiva oggettivata”. E, soprattutto, la testa delle giovani generazioni non deve più faticare per acquisire il sapere: è tutto lì, davanti a loro, sempre connesso e accessibile, staccato dal corpo come la testa di Dionigi. L’agiografia di un santo, insomma, può prefigurare l’immagine concreta del funzionamento del computer, che, senza dubbio, rappresenta una rivoluzione paragonabile a quella della scrittura e della stampa.

Ma come possono i nativi digitali “avviare” la testa elettronica? Sono obbligati ­– sostiene sempre Serres – a mettere in atto la “creatività”; si potrebbe dire, quel bagliore che nel quadro di Joseph Florentin Léon Bonnat s’irradia dal collo decapitato del martire. La creatività, però, si sprigiona solo se ben istruita. E, dunque, anche davanti a una rivoluzione epocale come quella digitale, il ruolo formativo dell’Università e della Scuola non deve, e soprattutto non può perdere nessuna sua fondamentale vocazione.

Hartmann Schedel, Hartmann Schedel, Liber Chronicorum, Nuremberg, Anton Koberger 1493
Hartmann Schedel, “Liber Chronicorum”, Nuremberg, Anton Koberger 1493

Joseph Florentin Léon Bonnat (1833-1922), Il martirio di san Dionigi, dettaglio, Parigi, Pantheon
Joseph Florentin Léon Bonnat (1833-1922), “Il martirio di san Dionigi”, dettaglio, Parigi, Pantheon

Lucia Corrain

Professore associato di Semiotica dell’arte

Università di Bologna