Diciottesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Bologna, 21-23 novembre 2014

 

Abstracts

Andrea Garbuglia (Macerata)
“Come Out”: la musica come un’archeologia della voce

Come Out di Steve Reich è una composizione sperimentale basata sull’uso di due identici apparecchi di riproduzione fonografica e della registrazione di una frase pronunciata da uno degli Harlme Six – sei ragazzi di colore accusati di omicidio durante i disordini di Harlem del 1964. Lo scopo che si pone Reich è quello di indagare il concetto di contrappunto, interpretando tale forma in un modo affatto originale. La ripetizione della stessa frase, riprodotta da apparecchi non perfettamente sincronizzati, determina un battimento che progressivamente sfocia in una massa sonora indifferenziata, nella quale il materiale verbale risulta incomprensibile.

Le domande che sorgono da questa composizione sono diverse, a cominciare dall’uso del termine ‘contrappunto’ che evoca, nella sua etimologia, un rapporto tra punti, legato ad un paradigma fondato sulla spazialità cartesiana della notazione diastematica, rapporto questo impossibile da realizzare in assenza di uno spartito. Tuttavia, l’interrogativo più stringente riguarda il rapporto tra linguaggio, voce e musica. Se il materiale sonoro usato per la composizione è fonazione non-musicale di un enunciato, inizialmente del tutto intelligibile, quando e perché il linguaggio diventa musica? E se la stratificazione rende il testo verbale incomprensibile, lasciando percepibile solo un amalgama vocale amorfo, quale rapporto si genera tra voce e musica.

Vengono in mente, a questo proposito, le pagine di due filosofi italiani contemporanei, Giovanni Piana e Giorgio Agamben. Piana, nella sua Filosofia della musica, pur non occupandosi direttamente del confine tra musica e linguaggio, suggerisce la prospettiva teorica all’interno della quale il problema dovrebbe essere se non risolto, almeno discusso. Agamben, invece, in più di un’occasione pone al centro della sua riflessione il problema della voce, intesa come una pura intenzione significante, situata idealmente tra le capacità fonatorie di un individuo ed il loro effettivo impiego nell’articolazione sonora di un gramma.

È all’interno del quadro concettuale determinato dalla sinergia del pensiero di Piana e di Agamben che l’opera di Reich assume uno spessore filosofico che va ben al di là della semplice sperimentazione musicale o della rivendicazione socio-politica, trasformandosi in una riflessione sonora sul linguaggio, sulla musica e sulla voce.