Antonio Caroccia (Foggia)
Verdi e Wagner nella visione contemporanea di Francesco Florimo

Non vi è dubbio che l’aspetto più importante dell’attività di Francesco Florimo sia costituito, con quello propriamente archivistico, da quello storiografico; prova ne sono le sue biografie dei grandi maestri, che formano il nucleo principale della Scuola musicale di Napoli – in linea con la tendenza storiografica diffusasi alla metà dell’Ottocento – e dai lavori dedicati a Vincenzo Bellini, con la diffusione e la creazione del ‘mito’ belliniano. In questo coté e milieu artistico si inseriscono le sue assidue frequentazioni epistolari con i maggiori artisti del tempo, fra i quali troviamo i coniugi Verdi, che intrattennero con lo storico calabrese una discreta corrispondenza<s>,</s> nella quale è possibile ricavare preziose informazioni sul rapporto dei Verdi con la classe musicale napoletana del tempo. All’arte ideale belliniana, poi sviluppata da Donizetti e Verdi, Florimo oppone la costruzione filosofica di Wagner. È possibile cogliere i toni polemici di alcuni ‘aspetti negativi’ – nella visione di Florimo –, come ad esempio, la ‘negazione della melodia’, nella prima edizione di Wagner e i wagneristi (1876), che rendono Wagner agli occhi di Florimo, più che un riformatore, l’inventore di un genere nuovo, essenzialmente tedesco. Solo in apparenza il giudizio di Florimo nei confronti di Wagner mutò dopo la visita del musicista al conservatorio napoletano e dopo gli elogi alle opere di Bellini. Difatti, nella seconda edizione del volume wagneriano (1883), si riscontra una maggiore serenità di giudizio, una più lucida coscienza dei principii teorici del Musikdrama.

Ecco, dunque, che Verdi si configura idealmente, nella visione di Florimo, come il punto estremo della parabola del progresso dalla rivoluzione rossiniana e proseguita poi con Bellini e Donizetti, con la speranza che la nuova ‘meteora’ wagneriana possa essere presto offuscata non appena l’astro della melodia apparirà nuovamente all’orizzonte.