Ventesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Bologna, 18-20 novembre 2016

 

Abstracts

Bianca De Mario (Milano)
Il trailer d’opera: costruzione e impatto di una drammaturgia in pillole

L’influenza dei media sulla diffusione e sulla mutata fruizione dell’opera lirica è divenuto nell’ultimo decennio un argomento alquanto dibattuto nella musicologia internazionale, soprattutto di matrice anglosassone. Se il rapporto dell’opera con il cinema e con il piccolo schermo ha una storia più antica e può vantare una bibliografia piuttosto ampia, più recenti sono i contributi che riguardano il video d’opera in sé – oggetto estetico per il quale risulta difficile dare una definizione univoca, quanto tentare una classificazione (Senici 2009) – e in relazione alle nuove tecnologie (Cook 1998, Wlaschin 2004, Parker 2010, Cenciarelli 2013, ecc.). 

Del tutto peculiare è il trailer d’opera, breve video nato in seno a case discografiche ed enti lirici per scopi promozionali, che rappresenta un esempio lampante di genre transfer (Giltrow-Stein 2009). Vero e proprio montaggio di durata variabile che ha origine nel cinema, il trailer è concepito per essere diffuso attraverso due canali diversi: in quelle sale cinematografiche che propongono una stagione di opera al cinema, live o recorded live, e sui canali YouTube dei singoli enti lirici, che propongono anche numerosi contenuti speciali relativi alle singole produzioni (interviste, backstage, guide all’ascolto, ecc.).

Per quanto l’obiettivo ultimo del trailer resti quello di promuovere una determinata produzione, la microdrammaturgia, l’editing, i sovratitoli e soprattutto la scelta della musica e/o del canto rendono questi prodotti estremamente differenti l’uno dall’altro. Se è vero che dietro a questa costruzione si celano la politica e il marketing degli enti produttori, non si può negare che queste caratteristiche formali celino una determinata concezione dell’opera nell’era digitale che fa i conti con una mutata fruizione e mutate esigenze da parte del pubblico in sala o di quello digitale. 

Alcuni esempi tratti dalle più recenti produzioni di Royal Opera House, Staadtsoper Berlin, Opéra de Paris, Metropolitan e Teatro alla Scala dimostrano alcuni di questi aspetti, quali la necessità di guardare e ascoltare l’opera in maniera diversa, di vedere ogni dettaglio, di costruire un elemento che cerca pulizia, ordine ed equilibrio (Morris 2010) ma che non disdegna l’imprevisto, il disordine del “dietro le quinte” e quindi la partecipazione attiva dello spettatore a un evento unico nel suo genere.