Diciottesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Bologna, 21-23 novembre 2014

 

Abstracts

Céline Frigau Manning (Parigi)
Il cantante e il frenologo: un’impresa ‘scientifica’
di legittimazione e moralizzazione nel primo Ottocento

Alcune descrizioni del primo Ottocento fanno ricorso a categorie scientifiche per spiegare il talento del cantante lirico, la propensione innata al canto o alla mimica e gli effetti che suscita sul pubblico. Vi si ritrova spesso una sintesi delle antiche teorie degli umori, dei climi o del meccanicismo, della fisiognomica di Lavater o delle nuove ricerche sul sistema nervoso e sull’elettricità. Prendendo le distanze da un tale approccio, i frenologi sostengono di poter leggere nelle parti ossee del cranio gli organi che, in gradi diversi, più o meno sviluppati con l’educazione e combinati tra di loro, corrispondono a vari tipi di istinti e di qualità. I sostenitori di quella che chiamano “l’unica vera scienza della mente”, ma che già allora risulta al centro di numerose polemiche, si credono così in grado di spiegare ogni sfera della vita e delle attività umane. Anche alla musica i frenologi applicano le teorie del loro maestro Franz Joseph Gall: la musica e i musicisti costituiscono in effetti uno dei loro terreni di osservazione prediletti, sebbene rimanga ad oggi poco esplorato dagli studiosi della storia e della filosofia delle scienze.

Si tratterà dunque di analizzare le riflessioni sulla musica sviluppate dai frenologi dell’epoca attraverso una delle figure che, con il compositore e lo strumentista, appare cruciale: quella del cantante lirico. Questi non solo unisce in sé le qualità del musicista e dell’attore, ma fornisce, in quanto figura mediatica di primo piano, abbondante materiale illustrativo pronto all’uso – elementi biografici, notizie aneddottiche, ritratti o busti vari. Ricorrendo poco all’osservazione diretta dei crani o delle competenze vocali e sceniche dei cantanti, i frenologi propongono quindi modelli discorsivi di osservazione e di enunciazione precisi e molto diffusi nell’Europa del tempo, particolarmente in Francia e in Inghilterra.

Costruiscono gallerie di tipi, divisi in sottotipi, determinati non solo da una qualità specifica ma da combinazioni di qualità. Queste ultime così come le strategie dimostrative dei frenologi fondate sull’esibizione della “prova” saranno uno degli oggetti del mio intervento. Si tratterà per altro di analizzare il materiale eterogeneo da loro presentato per dimostrare ciò che già si sa (Lablache e De Begnis sono eccellenti buffi cantanti, Giuditta Pasta e Maria Malibran sono eccelse attrici-cantanti, ecc. ecc.), e che permette loro non solo di rinforzare le proprie categorie, ma soprattutto di cercare di dimostrare perché tale cantante le supera e le trascende – segno, in questo caso, del “genio musicale”. Basandosi sulla celebrità di alcune figure di cantanti, i frenologi compiono quindi un’operazione di legittimazione anche fondata sulla virtù morale dell’artista, pari a quella di un uomo o di una donna perbene. Il cantante “frenologizzato” risulta dunque al tempo stesso eccezionalizzato e moralizzato.