Ventiduesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Bologna, 23-25 novembre 2018

 

Abstracts

Chiara Lanzavecchia (Torino)
Il “Socrate immaginario” di Giovanni Paisiello: nuovi contributi per una rilettura dell’opera

La relazione rielabora quanto emerso dagli studi condotti dalla scrivente durante la stesura della propria tesi magistrale, volta ad aggiornare gli studi sul Socrate immaginario di Giovanni Paisiello (Napoli, Teatro Nuovo, autunno 1775) affrontando e sciogliendo gli interrogativi sollevati dall’opera fin dalle sue prime rappresentazioni: la questione della paternità del libretto, stampato a nome di Giambattista Lorenzi, librettista di professione, ma spesso ritenuto in buona parte opera dell’ingegno di Ferdinando Galiani, abate e brillante intellettuale teatino; la plausibilità di una presunta parodia ideata da Galiani ai danni di Saverio Mattei, avvocato e dotto studioso di ebraico, di greco e di musica; i motivi della censura, che colpì l’opera dopo la sesta rappresentazione e ne causò l’assenza dalle scene napoletane fino al 1780.

Tali questioni non hanno mai trovato una risposta completa e del tutto soddisfacente: i contributi critici apportati in passato hanno spesso fornito a proposito nient’altro che congetture poco documentate, in alcuni casi rivelandosi anche viziate da errori e imprecisioni, come si è potuto rilevare nel corso delle ricerche. È dunque sembrato necessario uno studio approfondito dei libretti di Lorenzi e delle opere di Mattei e Galiani, nonché un’attenta analisi del libretto e della partitura del Socrate immaginario dal punto di vista filologico e drammaturgico-musicale. È stato così possibile dedurre quali elementi del testo del Socrate siano con buona probabilità ascrivibili alla penna di Lorenzi, quali all’inventiva di Galiani e di che natura fosse la collaborazione tra i due. Nel corso del lavoro, inoltre, nulla è emerso che possa giustificare il presunto intento parodico di Galiani nei confronti di Mattei: al contrario, l’abate stimava e condivideva in larga misura le idee dell’avvocato, il quale, da parte sua, si volgeva all’auctoritas dei classici con uno sguardo critico e vigile, decisamente distante da quell’atteggiamento di cieca venerazione di cui lo ha accusato la tradizione e gran parte della critica. Galiani e Mattei, tra l’altro, erano amici – l’avvocato beneficiò a lungo della protezione dell’abate – ed è improbabile che Mattei avesse premuto in prima persona affinché il Socrate fosse censurato. La prova regina è una lettera, mai studiata precedentemente dalla critica, inviata da Mattei a Galiani e databile attorno al 1780, l’anno della riabilitazione dell’opera. Se Mattei avesse realmente percepito rivolta contro di sé la satira del Socrate, non avrebbe certo scritto a Galiani in toni tanto densi di stima, né l’avrebbe invitato a leggere le sue inedite dissertazioni con il rischio di essere nuovamente frainteso, né, ancora, avrebbe fatto gli espliciti riferimenti all’opera che si leggono nella lettera. Questo intervento, dunque, si propone non solo di offrire nuove e fondate conclusioni circa le questioni sollevate dall’opera, ma anche di dissolvere dalla figura di Saverio Mattei quell’aura di pedanteria che spesso si accosta al suo nome e che ha ridotto a mero fanatismo e a sterile erudizione un approccio al contrario ragionato e per tanti versi moderno nei confronti dell’auctoritas del sapere antico.