AL LETTORE

«Il Saggiatore musicale» prende in prestito il titolo dal discorso di Galileo sulle comete, ossia dalla più bell’opera polemica che abbia avuto l’Italia, a detta dell’Algarotti. Un altro simbolo siderale, tra il mistico e il meccanico, figura in copertina: è la stella a tintinnaboli, la rota aurea che rigirava e squillava in fronte all’organo del duomo di Fulda, effigiata nella Musurgia del Kircher. Due insegne suggestive, e di non poca pretesa.

La rivista ha in realtà questa ambizione dichiarata, di alimentare la corrente (o diremo il rigagnolo?) della musicologia “critica”, della musicologia cioè che, qualunque oggetto vada saggiando e soppesando, s’interroga sui fini, dubita delle opinioni, discute le teorie, compara i metodi, verifica le esperienze, pondera i risultati, escogita i linguaggi atti a rappresentarli, e daccapo ritorna a ragionar del come e del perché d’ogni ricerca. Come tale, essa si applica a qualsiasi tipo e genere di musica – alta e bassa, vecchia e nuova, bella e brutta, pratica e speculativa, concreta e metaforica – e ad un ventaglio amplissimo di temi e d’indirizzi, dall’erudizione alla storiografia, dalla filologia all’ermeneutica, dalla storia materiale alle tradizioni orali, dall’analisi alla teoria, dalla filosofia alla sociologia eccetera. Abbiamo in mente lettori – musicologi per mestiere o per diletto – che non si contentino di conoscere e sapere, ma puntino a capire e a distinguere; che siano curiosi d’ogni fenomeno purché rilevante per pregi intrinseci, o per i rapporti che intrattiene con altri fenomeni, o per l’interesse della discussione suscitata. Lettori che possan dire di cuore: «Il gusto del mio studiare è l’intendere, non il trovare»; e che però non disdegnino i ritrovati, se accrescono la comprensione.

Dirlo sembra banale: ma non è. Oggi più che mai par che prevalga la musicologia dei molti convegni, dei molti cataloghi, delle molte bibliografie, dei molti facsimili: cose utilissime tutte, ma già insufficienti in passato a fondare la ragion d’essere della disciplina, e tanto meno bastanti ad additarle un traguardo per l’avvenire. È una musicologia dedita all’accumulo dei dati e delle notizie, sollecita più del dettaglio che dei quadri d’insieme; una musicologia più populistica che democratica, visto che aprendo tanti cantieri dà a molti un poco di lavoro sùbito, ma incoraggia l’accordo supino piuttosto che lo schietto contraddittorio; una musicologia che dall’angoscia dell’ignoranza – in sé sacrosanta – trova scampo nello smercio rapido dell’indigesta vendemmia d’ogni ricerca, nell’infatuazione per l’inedito purchessia, nella filologia d’assalto, nella celebrazione di solennità, giubilei e centenari, e però rinvia sine die l’esercizio critico e si sottrae in perpetuo al dovere della sintesi e alla facoltà di sceverare ciò che nella congerie dei dati appare significativo da ciò che lo è di meno o non lo è affatto. Da questa musicologia, la nostra rivista prende le distanze.

In un dominio, quello intellettuale, dove non si dà potere costituito, «Il Saggiatore musicale» aspira a conseguire un’autorevolezza fondata sul criterio primario dell’interesse e della qualità: interesse dei temi trattati, senza preclusioni di campo; qualità, concettuale e letteraria, della trattazione. All’accertamento di tali requisiti il «Saggiatore musicale» provvede mediante il controllo e la discussione: tutti i dattiloscritti vengono esaminati e criticati da almeno due membri del comitato direttivo ed un lettore esterno appositamente interpellato; se discordi, i pareri vengono a loro volta discussi. La pluralità degli orientamenti in seno al comitato direttivo assicura la dialettica, la procedura del dibattimento collauda il consenso, la schiera dei consulenti arricchisce quella ed amplifica questo. L’autorevolezza così acquisita, il «Saggiatore musicale» la potrà investire, se occorre, nel discutere strategie e strutture e condizioni istituzionali della ricerca. A tal fine terrà aperto, con la rubrica degli interventi, un osservatorio su quanto si fa e su quanto si omette di fare: in Italia e altrove. La rivista, che in Italia nasce e tiene il suo punto d’osservazione sul mondo, si curerà dell’hic et nunc e, insieme, della relazione che corre tra di esso e le vicende d’altri paesi, tempi, contesti.

Ciascun numero del «Saggiatore musicale» sarà articolato in tre sezioni. Nella prima compaiono gli articoli, di norma nella lingua originale; di quando in quando, ci concederemo il lusso di tradurre in italiano un articolo che a noi sarà sembrato egregio ma che è uscito in pubblicazioni fuori mano per il musicologo nostrano: è il caso, in questo numero, del saggio di Kerman su Mozart, esemplare di quella critica ermeneutica che, poco frequentata da noi, rappresenta una sfida da raccogliere. La seconda sezione – quella degli interventi – discute, come s’è detto, gli indirizzi della ricerca, i problemi della sua organizzazione, i suoi impegni e risvolti politici, e magari anche le sue mode: è il caso dell’altra sfida succintamente evocata nelle pagine di questo fascicolo, la musicologia femministica d’oltre oceano che spalanca prospettive critiche trascurate nei nostri climi. La terza sezione è dedicata alle recensioni di libri importanti: recensioni lunghette, come le tre che appaiono in questo numero, ma anche, a partire dall’annata ventura, brevi schede critiche.

Nei primi numeri vedono la luce alcuni articoli raccolti nel 1992 dallo staff che allora guidava la «Rivista italiana di musicologia». In seguito ad un cambio di gestione sopravvenuto sullo scorcio di quello stesso anno, il volume della «Rivista» del ’92 fu poi realizzato ex novo da un diverso comitato. I dattiloscritti rimasti impubblicati appaiono nel «Saggiatore musicale» col consenso espresso degli autori.

«Il Saggiatore musicale» non è il portavoce d’alcun organismo se non del gruppo di studiosi che lo anima. Esso riconosce tuttavia un legame elettivo col Dottorato di ricerca in Musicologia attivato nel Dipartimento di musica e spettacolo dell’Università di Bologna in consorzio con le Università di Ferrara, Milano, Padova e Torino. Riconosce altresì un debito di gratitudine verso il Rettore dell’Ateneo bolognese, Fabio A. Roversi-Monaco, che con munificenza davvero magnifica sostenta l’avvio della pubblicazione.

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IL DIRETTORE