in collaborazione col
Dipartimento delle Arti Alma Mater Studiorum — Università di Bologna 

Diciottesimo Incontro
dei Dottorati di Ricerca in Discipline musicali

sabato 7 giugno 2014, ore 1015—13 e 1445—1745
Laboratori delle Arti
Bologna, piazzetta P. P. Pasolini 5b (via Azzo Gardino 65)

 

Abstracts

Elisa Novara (Roma “La Sapienza”)
In margine all’edizione critica dei trii con pianoforte di Schumann: l’op. 88 da “Klaviertrio” a “Phantasiestücke”

Nel 1842, l’anno dedicato alla musica da camera, Schumann si cimenta nei maggiori generi cameristici: il quartetto d’archi (op. 41), il quintetto con pianoforte (op. 44), il quartetto con pianoforte (op. 47) e infine il trio con pianoforte (op. 88). Tuttavia quest’ultima composizione non uscirà che otto anni più tardi, nel 1850, in una versione fortemente riveduta e con un nuovo titolo, Phantasiestücke für Klavier, Violine und Violoncello.
Di tutti i generi cameristici che Schumann affronta nel 1842, il trio con pianoforte è quello che all’epoca godeva della minor reputazione e della minor fortuna nelle sale da concerto: anzi, proprio in quegli anni esso attraversa una fase di grandi cambiamenti, ben documentabili nella stampa musicale coeva. Una panoramica sui principali periodici musicali ha permesso di documentarne la presenza e la diffusione nell’arco di tempo che va dal 1830 al 1860. Alla luce della genesi compositiva dell’op. 88, più travagliata rispetto a quella dei trii successivi (opp. 63, 80 e 110), il rapporto di Schumann con il genere appare invero controverso, a conferma della incerta caratterizzazione del trio nei primi anni ’40 dell’Ottocento.
Prendendo come esempio le revisioni effettuate sull’ultimo movimento, nella relazione si propone un confronto fra il testo musicale del 1842, tramandato dall’Arbeitsmanuskriptdatabile all’incirca 1842-43, e la versione pubblicata nel 1850: i cambiamenti, che investono il testo in almeno quattro differenti strati di revisioni, rivelano un procedimento in parte già osservato per la scrittura delle sonate per pianoforte (Roesner 1977, 1991): muovendo da una composizione a mosaico, in cui segmenti di senso compiuto possono essere liberamente combinati, Schumann procede per eliminazione, lasciando il posto a una forma più concisa e definita, ma pur sempre troppo aperta perché possa fregiarsi, nel 1850, del titolo ‘trio con pianoforte’.