in collaborazione col
Dipartimento delle Arti Alma Mater Studiorum — Università di Bologna
Ventesimo Incontro
dei Dottorati di Ricerca in Discipline musicali
sabato 21 maggio 2016, ore 10,15—13 e 14,45—17,30
Laboratori delle Arti
Bologna, piazzetta P. P. Pasolini 5b (via Azzo Gardino 65)
Abstracts
Federica Marsico (Pavia – Cremona)
Una ‘queerness’ a tre voci:
il mito di Fedra in Britten, Bussotti e Henze
Il mito di Fedra, la consorte del re ateniese Teseo follemente innamorata del figliastro Ippolito, affascinò tre compositori omosessuali che giganteggiano nel panorama musicale del secondo Novecento: Benjamin Britten, Sylvano Bussotti, Hans Werner Henze. A loro si devono le seguenti elaborazioni musicali del mito: Phaedra, cantata drammatica per mezzosoprano e piccola orchestra (Aldeburgh 1976); Le Racine: Pianobar pour Phèdre in un prologo, tre atti e un intermezzo (Milano 1980); Phaedra, Konzertoper in due atti (Berlino 2007).
Partendo dalla constatazione che il soggetto mitico verte su un amore incestuoso, e come tale censurato dalle norme sociali, si è ipotizzato che esso abbia offerto ai tre compositori uno spazio propizio alla rappresentazione del desiderio omoerotico, etichettato anch’esso come ‘deviato’ (e come tale condannato) dalla società novecentesca eteronormativa. La ricerca ha dunque puntato a individuare nelle tre versioni musicali del mito la rappresentazione più o meno celata del tema dell’omosessualità.
I risultati raggiunti nell’àmbito degli studi di genere e della teoria queer hanno costituito un punto di riferimento costante nel corso della ricerca. Prima di intraprendere l’analisi delle tre elaborazioni musicali della vicenda mitica, è parso utile riflettere sia sugli aspetti del mito presenti nei suoi più celebri rifacimenti letterari, che toccano da vicino la sensibilità gay, sia su come i tre compositori vissero la propria omosessualità e le diedero voce nel loro operato artistico. L’analisi in chiave queer delle tre opere ha poi messo in luce le diverse strade imboccate dai tre autori per sviluppare le potenzialità queer del mito, facendo emergere aspetti della creazione artistica che passerebbero altrimenti inosservati, tanto dallo studioso quanto dal pubblico.