Lorenzo Bianconi – F. Alberto Gallo – Roberto Leydi
Il dottorato di ricerca è un’innovazione recente nel sistema universitario italiano. Il corso di studi ed il titolo accademico così denominati sono stati introdotti con la riforma universitaria, parziale, del 1980 (decreto del Presidente della Repubblica dell’11 luglio 1980, n. 382, art. 68-74), nell’intento d’istituire un grado superiore al corso e titolo di laurea, e comparabile al Ph.D. angloamericano, al Doktor tedesco, ai vecchi doctorats d’État e de troisième cycle francesi. L’innovazione, che ha coinciso con l’istituzione dei Dipartimenti come organismi primari della ricerca universitaria, e dunque sedi predestinate dei dottorati medesimi, ha suscitato plausi ed aspettative che l’esperienza ha poi in una certa misura temperato e deluso. Dopo un decennio abbondante, è possibile tentare un bilancio spassionato, dalla specola molto limitata delle discipline musicali.1
Secondo la legge istitutiva, gli studi per il dottorato di ricerca mirano all’”approfondimento delle metodologie per la ricerca” da un lato, “della formazione scientifica” dall’altro: dovrebbero cioè giovare alla ricerca su un piano generale (le “metodologie”, appunto) e produrre studiosi all’altezza del più avanzato progresso scientifico, destinati ad entrare negli enti che svolgono ricerca, l’università in primis. Avviene veramente così? I lettori si possono formare un quadro della realtà, sia pur sommario, scorrendo qui di seguito la statistica dei dati relativi ai tre dottorati di ricerca finora attivati nel campo delle discipline musicali: quello in Musicologia di Bologna, quello in Filologia musicale di Pavia-Cremona, e quello in Storia e Analisi delle Culture musicali di Roma “La Sapienza”. Troveranno informazioni sulla cronistoria, la composizione dei consorzi che concorrono allo svolgimento dei corsi, il collegio dei docenti, i curricula, i seminari specialistici svolti negli ultimi cinque anni; più in particolare troveranno, ciclo per ciclo, la composizione della commissione giudicatrice che ha esaminato i candidati al dottorato, e l’elenco dei dottorandi ammessi ai corsi, con la laurea e l’università di provenienza, l’argomento prescelto per la dissertazione (e le pubblicazioni più notevoli che ne sono finora derivate; i dattiloscritti delle tesi sono consultabili nelle biblioteche nazionali di Roma e di Firenze), l’indicazione dei relatori che hanno seguito le loro ricerche, e infine l’eventuale qualifica professionale attuale (primavera 1994). Riteniamo che già l’insieme dei dati, e la loro analisi, consenta al lettore di soddisfare alcune curiosità circa la produttività dei tre dottorati, quanto a risultati scientifici e qualificazione dei ricercatori.2 Qui basterà premettere qualche considerazione di carattere più generale.
La legge istitutiva insiste sul requisito della “notorietà” e della “peculiare idoneità” sia delle strutture e attrezzature disponibili nelle Facoltà e nei Dipartimenti sedi di dottorati, sia della qualificazione del coordinatore e dei docenti nel collegio dottorale. Al livello minimo, ciò significa buone biblioteche e docenti stimati a disposizione dei dottorandi per lo “svolgimento di programmi di ricerca individuali … su tematiche prescelte dagli stessi interessati con l’assenso e la guida dei docenti” e per “cicli di seminari specialistici”. È molto oscillante il grado dell’impegno che docenti e Dipartimenti esigono dai dottorandi: se nei dottorati di ingegneria o di scienze biologiche, chimiche, fisiche, mediche càpita che i dottorandi vengano utilizzati a tempo pieno (o poco men che pieno) per lo svolgimento di ricerche di dipartimento e di laboratorio, nei dottorati di discipline umanistiche può succedere, all’opposto, che al dottorando venga lasciata la briglia sciolta, che cioè la peculiarità del corso dottorale si riduca al mero godimento di una borsa di studio concessa per svolgere una ricerca perfettamente individuale, e molto flebilmente monitorizzata dal collegio dei docenti. I dottorati di Bologna, Cremona e Roma, con la loro più o meno densa attività seminariale, si collocano in punti intermedi di questa scala ideale. In particolare, i colloqui dottorali praticati a Bologna, consistenti nella periodica discussione dei resoconti di ricerca di ciascun dottorando da parte dei docenti e dell’intero gruppo dei dottorandi, configurano una forma assai proficua di verifica collegiale dei metodi, delle tecniche, dei fini e dei risultati via via conseguiti, nonché un addestramento dello spirito critico, un’occasione di scambio delle esperienze, un incentivo alla competizione intellettuale ed un pungolo alla disciplina del mestiere. Non per questo si potrà sostenere che nelle nostre discipline l’introduzione del dottorato abbia scardinato affatto il rapporto individuale maestro/allievo, tipico del corso di laurea vecchio stile: piuttosto, lo riproduce nel rapporto tra il relatore (o i relatori) e il dottorando, ad un livello di più accentuata maturità e in un contesto che è al riparo dai condizionamenti dell’università di massa.
Il vincolo individuale maestro/allievo, nodo vitale e fatale nei processi formativi del mondo accademico, si manifesta peraltro già con sufficiente evidenza statistica in una fase delicata e critica del dottorato, quella del concorso d’ammissione. (I posti disponibili sono mediamente tre per ciascun ciclo annuale, con una flessione negli ultimi due anni: tale esiguità danneggia in particolare i dottorati basati sul consorzio di più atenei, ossia quelli di Bologna e di Roma.) Il legislatore ha inteso attenuare la discrezionalità dei docenti – e in particolare i favoritismi verso discepoli prediletti magari più per la servizievole fedeltà che per l’ingegno e la bravura – mediante un complesso meccanismo di formazione delle commissioni giudicatrici: due dei tre membri vengono sorteggiati da un totale di sei votati nelle Facoltà e nei Dipartimenti che concorrono al dottorato, mentre il terzo viene sorteggiato da una terna di docenti estranei al dottorato designata dal Consiglio Universitario Nazionale (l’organo di autogoverno dei professori universitari, che funge da consulente del Ministro dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica) in base a criteri altrimenti imperscrutabili.3 Il risultato – al di là dell’enorme lentezza della procedura – è certamente discutibile. Affidare la selezione dei candidati ad una commissione che ha un vincolo quantomai tenue col collegio dottorale comporta il rischio di esautorare questo e di deresponsabilizzare quella: sicché i commissari possono vedersi esposti al sospetto, non lusinghiero, di aver favorito i candidati a loro più congeniali anziché i più idonei alla ricerca scientifica. Per converso, il conferimento del titolo dottorale, a corso completato, è affidato non già al collegio, sibbene ad una commissione nazionale nominata dal Ministro, composta di tre docenti estranei al dottorato sorteggiati da un’altra terna designata dal CUN. (Il progetto di attribuire ai singoli atenei il potere di conferire il titolo non è stato attuato.) Non è sempre detto che i componenti della commissione ministeriale siano addentro ai problemi dibattuti nelle dissertazioni dottorali; né li spinge ad una particolare severità di giudizio la circostanza che il numero dei titoli da conferire è eguale al numero dei candidati ammessi, ossia al numero dei posti disponibili nel ciclo dottorale testé concluso: sicché il concorso nazionale si può anche ridurre ad un rito formale, mentre la responsabilità del collegio dei docenti – una responsabilità per così dire acefala ed anùra – ne risulta ulteriormente mortificata. Il che non giova né all’efficacia del sistema formativo né alle esigenze del sistema universitario: per dirla con Umberto Eco, è come se l’Olivetti per addestrare i propri quadri li facesse selezionare dall’IBM e promuovere dalla Apple.
Ad onta di tante precauzioni procedurali si osserva un’accentuata “gelosia” istituzionale nella selezione dei dottorandi, che in prevalenza provengono dall’università o dalle università che concorrono ai dottorati (o, più precisamente, si sono perlopiù laureati con docenti membri del dottorato cui accedono). È una tendenza che se non altro rivela tra commissioni e candidati un’affinità d’interessi e d’indirizzi senz’altro comprensibile, e un ben definito spirito di “scuola”. La cosa non sorprende – non a caso il dottorato di Cremona è stato istituito soltanto dopo che il locale corso di laurea in Musicologia ebbe sfornato i primi laureati, ossia i primi virtuali candidati indigeni all’ammissione –, ma non va esente da rischi involutivi. Si nota tuttavia un netto calo di tale tendenza sia a Bologna sia a Cremona, dove assommano a 2/5 circa gli ammessi che non si sono laureati con docenti del rispettivo dottorato; la tendenza sembra invece, almeno per ora, piuttosto marcata nel più recente dottorato di Roma, dove i 4/5 degli ammessi provengono dagli atenei consorziati di Roma, Napoli e Palermo.
Problematica è la durata dei corsi di dottorato. Nell’esperienza bolognese i tre anni stabiliti dalla legge come durata minima si sono presto rivelati insufficienti a consentire sia lo svolgimento dei cicli seminariali, particolarmente intensi nel primo anno, sia il compimento di dissertazioni su temi di vasta mole e di grande impegno: dal IV ciclo, a Bologna la durata è stata elevata a quattro anni. In ogni caso il dispositivo del conferimento nazionale del titolo implica un calendario rigido e perentorio per la conclusione delle ricerche: ne consegue che esse non sempre giungono a piena maturazione nei tempi programmati, sicché il livello di elaborazione e di messa a punto delle tesi è diseguale. Ad aggravare queste difficoltà contribuisce l’esiguità della borsa di studio, che basta a malapena al mero sostentamento del dottorando: il quale, per far fronte alle spese – talvolta ingenti – della frequenza e della ricerca, si vede in certi casi costretto a dedicare parte del tempo e delle energie ad attività redditizie collaterali più o meno clandestine e più o meno affini alla ricerca intrapresa.
Le difficoltà più ragguardevoli – vere e proprie disfunzioni? – riguardano infine il dottorato di ricerca inteso come vivaio di aspiranti alla carriera accademica, come canale preferenziale dell’arruolamento universitario. Per legge, il titolo di dottore di ricerca è “valutabile unicamente nell’ambito della ricerca scientifica”, assicura cioè l’eccellente qualificazione di chi l’ha conseguito ma – per la prima volta nella storia dei titoli accademici italiani – è spogliato di quel “valore legale”, contabilizzato in “punteggi” spendibili nei pubblici concorsi, ch’è un attributo, invero obsoleto ed inflazionistico, della laurea italiana. (Sia detto tra parentesi: su questo punto l’illuminismo del legislatore, in sé encomiabile, ha finito per svantaggiare i dottori di ricerca in discipline musicali nei concorsi e nelle graduatorie per incarichi e supplenze nei Conservatorii di musica, dove peraltro le stesse lauree – anche le più specifiche, ed anche per i corsi di Storia della musica e simili – sono nettamente sottovalutate rispetto ai diplomi di Conservatorio.) L’assenza di valore legale è stata poi mitigata con un provvedimento di legge successivo, che favorisce i dottori di ricerca nei soli concorsi a posti di ricercatore universitario, attribuendo loro un “punteggio” assai vantaggioso.
Dalla semplice statistica dei concorsi per ricercatore degli ultimi cinque anni non risulta tuttavia che i dottori di ricerca abbiano goduto di particolare favore nell’assegnazione dei posti: su una quindicina di posti messi in bando, tre soltanto (uno a Torino, uno a Bologna, uno a Cremona) sono andati a candidati che fossero già dottori al momento del concorso. (I casi di coloro che hanno vinto il posto di ricercatore prima ancora di concludere il corso dottorale convalidano sì la scelta operata dalle commissioni che li avevano ammessi al dottorato, ma paradossalmente confermano anche la relativa “inutilità” concorsuale del titolo.) La questione è invero insidiosetta. Sarebbe di sicuro controproducente regolamentare gli accessi alla carriera universitaria riservandoli ai soli dottori di ricerca: vorrebbe dire, tra l’altro, attribuire ai concorsi d’ammissione al dottorato una funzione esclusiva ai fini dell’arruolamento universitario, del tutto esorbitante e tanto più impropria in quanto la selezione verrebbe effettuata su studiosi che a quel momento sono semplici laureati e non hanno ancora dato prova delle loro capacità di addetti alla ricerca; il corso di dottorato assumerebbe allora il carattere d’un mero tirocinio con presalario (la borsa). Ma è altrettanto evidente che l’interesse della disciplina (oltre che dello Stato erogatore delle borse) non può riconoscersi in un sistema che, se da un lato “parcheggia” nei dottorati decine e decine di giovani studiosi promettenti per poi disperderli nei licei o abbandonarli al precariato, dall’altro arruola i giovani accademici tra chi ha concluso il proprio curriculum formativo con la laurea e s’è poi fatto il “mestiere” da sé.4 Solo un’analisi apposita dei concorsi per ricercatore potrebbe investigare il peso che vi hanno i vincoli maestro/allievo, l’appartenenza a questa o quella “scuola”, la semplice indifferenza, se non addirittura la diffidenza, che l’istituto stesso del dottorato può suscitare in taluni membri delle commissioni concorsuali. Certo è che in questa imperfetta fisiologia degli sbocchi dottorali – che è cosa del tutto diversa dalla più generale crisi degli sbocchi occupazionali dei corsi universitari, stante l’oculata parsimonia dei posti di dottorato erogati dal Ministero – v’è un tema di riflessione per tutti, dentro e fuori dei tre dottorati, perché si giunga a comprendere e a meglio dominare la dinamica odierna della disciplina e gli sviluppi del futuro prossimo. Il compito è tanto più doveroso e urgente quanto più esigue si vanno facendo risorse e prospettive del sistema universitario nazionale. Dottorato di Ricerca in Musicologia (Bologna)
Attivo dal 1983/84, ha sede amministrativa in Bologna (Dipartimento di Musica e Spettacolo) ed è consorziato con le Università di Ferrara (Facoltà di Lettere e Filosofia), Milano-Statale (Facoltà di Lettere e Filosofia), Padova (Dipartimento di Storia delle Arti visive e musicali) e Torino (Dipartimento di Discipline artistiche, musicali e dello Spettacolo).5 Sono membri effettivi del collegio dei docenti: Lorenzo Bianconi (Bologna; coordinatore dal 1989 al 1993), Mario Baroni (Bologna), Giulio Cattin (Padova), Francesco Degrada (Milano), Renato Di Benedetto (Bologna), Paolo Fabbri (Ferrara), F. Alberto Gallo (Bologna; coordinatore dal 1983 al 1989), Roberto Leydi (Bologna; coordinatore dal 1993), Giorgio Pestelli (Torino), Thomas Walker (Ferrara); sono membri esterni: Giovanna Gronda (Udine), Giovanni Morelli (Venezia), Antonio Serravezza (Viterbo-Tuscia).6
Sono attivati quattro curricula: storia della musica medievale e rinascimentale; storia della musica moderna e contemporanea; etnomusicologia; musicologia sistematica. Il programma didattico-formativo, della durata di quattro anni (tre fino al III ciclo), prevede attualmente: nel primo anno di corso almeno quattro cicli seminariali comuni (almeno uno per ciascuna area curricolare) e l’elaborazione e discussione del progetto di ricerca per la dissertazione; nel secondo anno un ciclo seminariale nel curriculum prescelto e la partecipazione ai colloqui dottorali in cui vengono collegialmente discussi i resoconti sullo stato di avanzamento delle ricerche per la dissertazione; nel terzo e quarto anno, completamento delle ricerche e redazione della dissertazione, con periodici colloqui dottorali sullo stato di avanzamento dei lavori.
Negli ultimi cinque anni si sono svolti i seguenti seminari: anno accademico 1989/90: organizzazione gerarchica del discorso musicale (Baroni); storia della critica musicale italiana 1840-1860 (Di Benedetto); problemi di ecdotica del repertorio frottolistico (Gallico); musica popolare e musica colta (Leydi); Un ballo in maschera di Verdi (Pestelli);
a.a. 1990/91: metodologie analitiche codificate (Baroni); esercitazioni di traduzione, redazione e revisione di bozze di testi musicologici (Bianconi); musica e liturgia in S. Marco (Cattin); Othello/Otello (Di Benedetto); musica popolare e musica colta (Leydi); Fr. C. Stumpf, Konsonanz und Dissonanz (Serravezza);
a.a. 1991/92: J. J. Nattiez e l’analisi dell’analisi (Baroni); esercitazioni di traduzione, redazione e revisione di bozze di testi musicologici (Bianconi); teoria e prassi della forma-sonata nel secolo XVIII (Di Benedetto); il codice Squarcialupi (Gallo); introduzione all’etnomusicologia (Leydi); gli scritti di Friedrich von Hausegger sulla musica come espressione (Serravezza);
a.a. 1992/93: ricognizione critica della semiotica musicale (Baroni); forme melodiche nel melodramma italiano del primo Ottocento (Bianconi); introduzione alla notazione (Cattin); le tre redazioni del Don Giovanni di Lorenzo da Ponte (Gronda); introduzione all’etnomusicologia (Leydi);
a.a. 1993/94: teorie e metodi d’analisi della melodia (Baroni); i libretti italiani di Händel (Bianconi); problemi di storiografia della musica medievale (Gallo); introduzione all’etnomusicologia (Leydi); prospettive estetiche nell’opera di Heinrich Besseler (Serravezza). I ciclo (corsi iniziati il 1° novembre 1983)
Commissione giudicatrice nel concorso d’ammissione: Degrada, Vecchi (membri sorteggiati tra sei eletti dai Dipartimenti o Facoltà che concorrono al Dottorato); Gallico (membro sorteggiato tra tre designati dal Consiglio Universitario Nazionale).
Dottori: Renato Bossa (titolo di laurea: Lettere, Università di Salerno) ha svolto una tesi su: “La sorella amante di J. A. Hasse e la commedia per musica napoletana del primo Settecento” (relatore Petrobelli) ed è attualmente docente di Storia della musica nell’Accademia nazionale di Danza (Roma);7 Alessandra Chiarelli (Lettere, Bologna): “Arie d’opera di fine Seicento nella Biblioteca Estense di Modena” (rel. Walker; lavoro parzialmente confluito nel volume I codici di musica nella raccolta estense, Firenze, Olschki, 1987), bibliotecaria di ruolo nella Biblioteca Estense;7 Wally Matteuzzi (DAMS, Bologna), ritirata; Donatella Restani (Lettere, Bologna): “Girolamo Mei e il De modis musicis” (rel. Cattin; L’itinerario di Girolamo Mei, Firenze, Olschki, 1990), docente di ruolo nella scuola secondaria superiore; Cesarino Ruini (Lettere, Bologna): “La Notizia de’ contrapuntisti… di G. O. Pitoni” (rel. Ziino; Firenze, Olschki, 1988), docente di ruolo nella scuola secondaria superiore.7
II ciclo (1985)
Commissione giudicatrice: Leydi, Walker; Baroni.
Dottori: Virgilio Bernardoni (DAMS, Bologna): “La teoria della melodia vocale nella trattatistica italiana dell’Ottocento” (rel. Di Benedetto; “Acta Musicologica”, LXII, 1990, pp. 29-61), ricercatore (Università di Torino); Nicoletta Guidobaldi (Lettere, Perugia): “Il ritratto del musicista e l’immagine della musica” (rel. Gallo; in corso di pubblicazione, Firenze, Olschki); Arnaldo Morelli (DAMS, Bologna): “Aspetti della diffusione dell’oratorio musicale in Italia nel secolo XVII” (rel. Bianconi), docente di Storia della musica per didattica (Conservatorio di musica di Latina); Nico Staiti (DAMS, Bologna): “Musica degli angeli e musica degli uomini: funzioni simboliche nella rappresentazione degli strumenti musicali prima e dopo il Concilio di Trento” (rel. Leydi; in corso di pubbl.), ricercatore (Università di Bologna).
III ciclo (1987)
Commissione giudicatrice: Leydi, Vecchi; Franco Carlo Ricci (Viterbo).
Dottori: Concetta Assenza (DAMS, Bologna): “La canzonetta dal 1570 al 1615” (rel. Bianconi; in corso di pubbl.), borsista post-dottorato (Università di Bologna); Franca Ferrari (Filosofia, DAMS, Bologna): “Il linguaggio melodico di Puccini nella drammaturgia di Bohème, Tosca e Madama Butterfly” (rel. Degrada), docente di ruolo di Pedagogia della musica per Didattica (Conservatorio di musica di Frosinone); Emanuela Lagnier (Lingue e letterature straniere moderne, Torino): “Corpus musicae hymnorum augustanum” (rel. Cattin e Leydi; Aosta, Archives historiques régionales, 1991); Ignazio Macchiarella (DAMS, Bologna): “Il falso bordone fra tradizione orale e tradizione scritta” (rel. Carapezza e Leydi; in corso di pubbl., Lucca, LIM); Massimo Privitera (DAMS, Bologna): “Democrito a teatro: le poetiche di Orazio Vecchi e le allegorie malinconiche” (rel. Carapezza), bibliotecario di ruolo (Istituto musicale “A. Peri” di Reggio Emilia).
IV ciclo (1988)
Commissione giudicatrice: Bianconi, Degrada; Ziino.
Dottori: Michela Garda (Filosofia, Torino): “Per una ricognizione del sublime musicale nella seconda metà del Settecento” (rel. Degrada e Serravezza; in corso di pubbl.), borsista post-dottorato (Università di Bologna); Alessandro Roccatagliati (DAMS, Bologna): “Felice Romani librettista” (rel. Bianconi e Pestelli; in corso di pubbl.), ricercatore (Università di Ferrara); Daniela Tortora (Lettere, Roma): “Morfologia drammatica e musicale nel Rossini serio” (rel. Bianconi e Di Benedetto), docente di Storia della musica (Conservatorio di musica di Avellino).
V ciclo (1990)
Commissione giudicatrice: Bianconi, Di Benedetto; Antonio Braga (Cassino).
Dottorandi: Mario Armellini (DAMS, Bologna): “Francesco Silvani e la fortuna della Fede tradita e vendicata” (rel. Degrada e Gronda); Marco Beghelli (DAMS, Bologna): “I trattati di canto italiani dell’Ottocento” (rel. Degrada e Di Benedetto); Maurizio Giani (Filosofia, Firenze): “La formazione del pensiero estetico di Wagner” (rel. Di Benedetto e Serravezza), vincitore di concorso per ricercatore (Università di Salerno).
VI ciclo (1991)
Commissione giudicatrice: Bianconi, Degrada; Antonino Titone (Palermo), indi Ricci.
Dottorandi: Carlo Lo Presti (Lettere, Torino): “La musica vocale di Ravel” (rel. Baroni, Leydi, Di Benedetto); Giovanni Polin (Musicologia, Cremona): “Il filosofo di campagna di Galuppi: vita e trasformazioni di un’opera settecentesca” (rel. Degrada e Gronda); Claudio Toscani (Lingue e letterature straniere, Parma): “I Capuleti e i Montecchi di Bellini: edizione critica” (rel. Bianconi e Degrada).
VII ciclo (1992)
Commissione giudicatrice: Baroni, Gallo; Gioacchino Lanza Tomasi (Palermo).
Dottorandi: Anna Rita Addessi (DAMS, Bologna): “Le influenze stilistiche: Debussy e Falla” (rel. Baroni); Alessandra Fiori (DAMS, Bologna): “Vita musicale a Bologna nel medioevo” (rel. Cattin e Gallo); Mauro Mastropasqua (DAMS, Bologna): “Teoria unificata della musica post-tonale” (rel. Baroni e Degrada).
VIII ciclo (1993)
Commissione giudicatrice: Fabbri, Pestelli; Giovanni Carli Ballola (Lecce).
Dottorandi: Cecilia Luzzi (DAMS, Bologna); Marco Mangani (Musicologia, Cremona).
IX ciclo (1993)
Commissione giudicatrice: Bianconi, Pestelli; Lanza Tomasi.
Dottorandi: Maria Teresa Arfini (Lettere, Torino); Anna Tedesco (Lettere, Palermo).
Dottorato di ricerca in Filologia musicale (Cremona)
Attivo dal 1987/88, ha sede amministrativa nella Scuola di Paleografia e Filologia musicale dell’Università di Pavia in Cremona. Sono membri del collegio dei docenti (tutti appartenenti alla Scuola): Elena Ferrari Barassi, Bruno Brizi, Albert Dunning, Giovanni Marzi (coordinatore dal 1988) e Maria Teresa Rosa Barezzani. 8
Il curriculum è unico: metodologia per l’edizione critica dei testi musicali. Il programma didattico-formativo dura tre anni e prevede, oltre lo svolgimento delle ricerche per la dissertazione, la partecipazione a brevi cicli seminariali intensivi tenuti da docenti perlopiù stranieri: negli ultimi cinque anni li hanno guidati Dietrich Kämper, Bernhard Meier e Reinhard Strohm (a.a. 1989/90); Theophil Antonicek, Ignace Bossuyt, Franco Donatoni, Maurizio Pisati e Jürg Stenzl (1990/91); Berl e Goldman, Massimo Ossi e Nigel Rogers (1991/92); Karol Berger, Anna Maria Busse Berger, Giovanni Columbro e Harold S. Powers (1992/93); Iain Fenlon, Ursula Günther e Jørgen Raasted (1993/94).
III ciclo (1987)
Commissione giudicatrice: Ferrari Barassi, Monterosso; Cattin.
Dottori: Ugo Giani (Musicologia, Cremona), ritirato; Marco Gozzi (Musicologia, Cremona): “Il manoscritto Trento, Museo provinciale d’Arte 1377” (rel. Dunning e Monterosso Vacchelli; Cremona, Turris, 1992); Sandra Martani (Musicologia, Cremona): “Ritmica poetico-musicale nel repertorio irmologico bizantino” (rel. Marzi), docente di ruolo nella scuola media inferiore.
IV ciclo (1988)
Commissione giudicatrice: Ferrari Barassi, Marzi; Cattin.
Dottori: Angela Romagnoli (Musicologia, Cremona): “”Fra catene, fra stili e fra veleni…”: la scena di prigione nell’opera italiana (1690-1724)” (rel. Dunning; in corso di pubbl., Lucca, LIM); Elisabetta Torselli (Lettere, Firenze): “Musica practica di Bartolomé Ramos de Pareia (1482)” (rel. Ferrari Barassi); Pietro Zappalà (Musicologia, Cremona): “I salmi di Felix Mendelssohn Bartholdy” (rel. Dunning), tecnico laureato, vincitore di concorso per ricercatore (Scuola di Paleografia musicale, Cremona).
V ciclo (1989)
Commissione giudicatrice: Klaus Fischer (Cremona), Francesco Filippo Minetti (Cremona); Petrobelli.
Dottori: Marco Emilio Camera (Musicologia, Cremona), ritirato; Alberto Doda (Lettere, Roma I), ritirato; Rodobaldo Tibaldi (Musicologia, Cremona): “I Motetti e dialoghi (Venezia 1615) di Gio. Francesco Capello, con uno studio sull’uso degli strumenti nel mottetto italiano” (rel. Rosa Barezzani), ricercatore (Scuola di Paleografia musicale, Cremona).
VI ciclo (1990)
Commissione giudicatrice: Minetti, Rosa Barezzani; Ziino.
Dottorandi: Giuliano Di Bacco (DAMS, Bologna): “Per una storia della tradizione della teoria musicale trecentesca: l’Ars contrapuncti secundum Johannem de Muris”; Francesco Paolo Russo (Musicologia, Cremona): “Il barbiere di Siviglia di Paisiello: edizione critica”; Daniele Sabaino (Musicologia, Cremona): “I mottetti di Marc’Antonio Ingegneri” (a partire dal VI ciclo la relazione sulle dissertazioni viene svolta collegialmente).
VII ciclo (1991)
Commissione giudicatrice: Ferrari Barassi, Fischer; Raoul Meloncelli (Roma I).
Dottorandi: Mauro Amato (DAMS, Bologna): “I manoscritti di arie e cantate tardoseicentesche nella Biblioteca del Conservatorio di Napoli”; Renato Borghi (Musicologia, Cremona): “Edizione critica del ms. Basevi 2441 della Biblioteca del Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze”; Laura Martuscelli (Lettere, Roma I): “I manoscritti in notazione neumatica dell’Italia centrale”.
VIII ciclo (1992)
Commissione giudicatrice: Caraci, Rosa Barezzani; Lanza Tomasi.
Dottorandi: Tiziana Morsanuto (Musicologia, Cremona): “L’opera profana di Costanzo Porta”; Marina Toffetti (Lettere, Milano-Statale): “La musica a Milano nel primo Seicento”.
IX ciclo (1993?)
Commissione giudicatrice: Dunning, Marzi; Anna Laura Bellina (Padova) (concorso in fase di espletamento).
Dottorato di ricerca in Storia e Analisi delle Culture musicali (Roma)
Attivo dal 1991/92, ha sede amministrativa in Roma (Dipartimento di Studi glottoantropologici dell’Università “La Sapienza”) ed è consorziato con le Facoltà di Lettere e Filosofia delle Università di Napoli, Palermo e Potenza (Basilicata). Sono membri effettivi del collegio dei docenti: Paolo Emilio Carapezza (Palermo), Amalia Collisani (Palermo), Paolo Di Giovine (Roma I), Francesco Giannattasio (Potenza), Elisabetta Guggino (Palermo), Raoul Meloncelli (Roma I), Pierluigi Petrobelli (Roma I) e Agostino Ziino (Napoli; coordinatore dal 1991); sono membri esterni: Fabrizio Della Seta (Siena), Franco Fanciullo (Viterbo-Tuscia) e Pietro Sassu (Udine).9
Sono attivati quattro curricula: musicologia; analisi musicale; etnomusicologia europea; teorie e metodi dell’etnomusicologia. Il programma didattico-formativo, della durata di tre anni, prevede attualmente: nel primo anno di corso almeno sei seminari semestrali, conclusi da un colloquio e una relazione scritta; nel secondo, l’avvio del progetto di ricerca, con colloquio finale sul lavoro svolto; nel terzo, il completamento della ricerca e l’elaborazione della dissertazione. Nell’a.a. 1991/92 si sono svolti seminari di scrittura musicale (Carapezza e Ziino), di estetica musicale (Collisani), sulla mentalità orale e la trasmissione del sapere musicale (Guggino), sulla musicologia folklorica, le lingue e i dialetti (Di Giovine, Fanciullo, Giannattasio e Sassu), su metodologia e strumenti della ricerca musicologica (Giannattasio, Meloncelli, Petrobelli e Ziino), e di drammaturgia musicale (Della Seta e Meloncelli). Nell’a.a. 1993/94 (per il ritardato inizio del VII ciclo) sono state organizzate letture e discussioni da parte dei dottorandi di una serie di testi, stabiliti dal collegio, relativi alle seguenti aree disciplinari: teoria della storiografia musicale, critica ed estetica; filologia della musica; analisi musicale; etnomusicologia; discipline demo-etno-antropologiche; scienze del linguaggio.
VI ciclo (1991)
Commissione giudicatrice: Carapezza, Petrobelli; Leydi.
Dottorandi: Rosa Cafiero (Lettere, Napoli): “Didattica della composizione a Napoli tra Sette e Ottocento”, ricercatrice (Università del Sacro Cuore, Milano); Girolamo Garofalo (Lettere, Palermo): “La tradizione musicale liturgica greco-albanese in Sicilia”; Gianluigi Mattietti (Lettere, Roma I): “Il processo compositivo in Aldo Clementi”.
VII ciclo (1993)
Commissione giudicatrice: Carapezza, Ziino; Degrada.
Dottorandi: Stefano Bianchi (Lettere, Trieste); Pierpaolo De Martino (Lettere, Napoli); Pietro Misuraca (Lettere, Palermo).
VIII ciclo (1993)
Commissione giudicatrice: Giannattasio, Petrobelli; Bellina.
Dottorandi: Livio Aragona (Lettere, Napoli); Marco Marica (Lettere, Roma I); Antonio Rostagno (Lettere, Torino).
IX ciclo (1994)
Commissione giudicatrice: Collisani, Di Giovine; Ricci (concorso in fase di espletamento).
Poscritto – Il 19 luglio di quest’anno è uscito il bando di concorso per l’ammissione al X ciclo: dei tre dottorati di ricerca in discipline musicali, soltanto quello di Roma è stato rinnovato. Ignoriamo i motivi del mancato rinnovo dei dottorati di Bologna e Cremona. Ma il tam-tam dei corridoi ministeriali dà questa spiegazione.
Nel 1992 il ministro dell’Università, Sandro Fontana, decurtò da tre a due i posti per un cospicuo numero di dottorati di ricerca dell’VIII ciclo; il sacrificio fu inflitto, d’autorità, a dottorati scelti tra quelli di più vecchia data, inclusi i nostri di Bologna e Cremona. Ciò avvenne in netto contrasto con la legge istitutiva, che prevede per ciascun corso “non meno di tre e non più di dieci posti per anno” (la legge dice anche che “si può eccezionalmente derogare a tali limiti per oggettive esigenze della ricerca, previo parere favorevole del Consiglio universitario nazionale”; toccherà dunque al CUN dire quali mai fossero nel nostro caso, nel 1992, tali “oggettive esigenze della ricerca”). Nel 1993 il nuovo ministro dell’Università, Umberto Colombo, ha lasciato fuori dal bando del IX ciclo i dottorati “illegali”, ossia quelli che l’ukaz del predecessore aveva ridotto a due soli posti; ma su pressione di numerosi atenei il ministro s’indusse infine a ripristinarli con un bando integrativo, senza però riportarli a quota tre posti. Ora, 1994, il nuovissimo ministro dell’Università, Stefano Podestà, ha di nuovo depennato dal bando i dottorati biposto, en bloc.
In altre parole, vengono soppressi proprio i dottorati che hanno dimostrato un buon funzionamento sulla lunga durata; e di che cosa vengono puniti? di aver subìto, senza potervisi opporre, un’illegalità – il provvedimento restrittivo del 1992 – ch’essi non hanno né commesso né invocato né gradito. Ora che i dottorati con meno di tre posti non ci sono più, l’osservanza della legge è formalmente salva, ma la ricerca italiana è un bel po’ più povera. Immagini il ministro quale vantaggio arrechi alla dialettica del progresso scientifico la cancellazione di due dottorati in una disciplina che ne vanta tre in tutto: e giudichi se non sia il caso, piuttosto, di obbedire al dettato della legge riportando a tre posti i dottorati di Bologna e di Cremona.
1) Una riflessione sul dottorato di ricerca in una disciplina non del tutto dissimile dalla nostra: G. Di Stefano, Il dottorato di ricerca: un’occasione non ancora del tutto perduta, “Giornale italiano di Psicologia”, XIX, 1992, pp. 701-707. Il quadro d’insieme più aggiornato: S. Cesaratto – S. Avveduto – M.C. Brandi – A. Stirati, Il brutto anatroccolo. Il dottorato di ricerca in Italia tra università, ricerca e mercato del lavoro, Milano, Angeli, 1994. Il titolo di quest’indagine a quattro mani non è ingiustificato, se è vero che nella Guida all’istruzione universitaria 1993 pubblicata dal Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica e tecnologica (Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, 1993) sono illustrati partitamente, ateneo per ateneo, i corsi di laurea, i corsi di diploma universitario, le scuole dirette a fini speciali e gli istituti superiori di educazione fisica, non però i dottorati di ricerca (di cui si menziona appena l’esistenza a p. 15 sg.).↑
2) Ringraziamo i colleghi Giovanni Marzi, Gianmario Borio, Pierluigi Petrobelli e Fabrizio Della Seta per averci gentilmente procurato i dati sui dottorati di ricerca di Cremona e Roma “La Sapienza”.↑
3) L’imperscrutabilità dei criteri seguiti dal CUN nel designare le terne di docenti apparirebbe tanto più evidente se si tenesse conto anche dei commissari per i concorsi a posti di ricercatore: risulterebbe palese che taluni colleghi vengono designati (e sorteggiati) con grande frequenza, mentre altri non compaiono mai.↑
4) La distorsione nel raccordo tra dottorati di ricerca e concorsi per ricercatore è aumentata da quando in questi ultimi è stata abolita, per le discipline musicali, l’articolazione in tre raggruppamenti diversi (Storia della musica medievale e rinascimentale; Storia della musica moderna e contemporanea; Etnomusicologia). A che pro distinguere vari curricula entro i dottorati, se poi i concorsi per ricercatore fanno d’ogni erba un fascio e chiedono ai cultori di Ockeghem, di Zemlinsky e delle launeddas di esibire le loro capacità su un “tema” d’esame o su un’analisi musicale eguali per tutti?↑
5) In origine il consorzio raggruppava la Facoltà di Magistero di Ferrara e le Facoltà di Lettere e Filosofia di Milano, Napoli, Padova, Palermo e Parma.↑
6) In origine il collegio dei docenti era così composto: Bianconi, Paolo Emilio Carapezza (Palermo), Cattin, Degrada, Di Benedetto, Claudio Gallico (Parma), Gallo, Leydi, Lewis Lockwood (Harvard University), Pestelli, Pierluigi Petrobelli Perugia, indi Roma I), Luigi Rognoni (Bologna), Serravezza, Giuseppe Vecchi (Bologna), Walker, Agostino Ziino (Napoli).↑
7) Già in servizio al momento dell’ammissione al dottorato.↑
8) In origine il collegio dei docenti era composto da Ferrari Barassi, Maria Caraci, Marzi, Raffaello Monterosso (coordinatore dal 1987 al 1988), Anna Maria Monterosso Vacchelli. ↑
9) In origine facevano parte del collegio dei docenti anche Carla Bianco (Roma I), Diego Carpitella (Roma I), Romano Mastromattei (Perugia), Raffaello Mazzacane (Napoli).↑