Monica Fini

L’attuale fisionomia del Corso ad indirizzo musicale nella Scuola secondaria di I grado è il frutto di una storia di trentacinque anni. Il DPR n. 419 sulla “Sperimentazione e Ricerca educativa” (1974) fu la sorgente normativa dalla quale scaturirono nel 1975 a Milano le prime forme di sperimentazione musicale. Una certa disomogeneità territoriale ne caratterizzò la prima diffusione, essendo la ricettività verso tale formula assai diversificata nelle varie realtà locali. I singoli percorsi didattici, infatti, poterono essere avviati grazie alle personali iniziative di coloro, fra presidi e docenti, che ne intuirono da subito la grande portata formativa, in primis individuabile nell’accostamento e interazione degli studi musicali col resto dei saperi.

La “separatezza” che fino ad allora aveva connotato l’insegnamento dello strumento – collocato in modo quasi esclusivo nel contesto dell’istruzione professionalizzante dei Conservatorii di musica – poteva finalmente risolversi nella possibilità di una riformulazione disciplinare. Naturalmente, viste le premesse e in assenza di indicazioni normative specifiche, i primi anni di vita della sperimentazione videro, per così dire, una “coriandolizzazione” di esperienze. Furono infatti per lungo tempo affiancate le più varie modalità organizzative, le spesso divergenti angolazioni metodologiche e, conseguentemente, le tante e differenti pratiche didattiche.

Il DM 8/02/1979 rappresentò il primo tentativo di omogeneizzare tale panorama. Innanzitutto con esso venne ufficialmente definito il contenitore e la sua denominazione: “Corso sperimentale ad indirizzo musicale”. Alcune indicazioni, principalmente di carattere organizzativo, servirono poi a mettere ordine fra le tipologie strumentali insegnate e, in esse, i criteri per la suddivisione del gruppo-classe, introducendo inoltre la modalità di ammissione al corso tramite esame orientativo-attitudinale. Per ciò che invece riguardava i contenuti disciplinari, lo stesso DM faceva riferimento al necessario raccordo tra l’esperienza sperimentale e l’Educazione musicale curriculare – nucleo tematico che mai verrà abbandonato dai decreti successivi, segnatamente a rilevare l’integrazione dell’insegnamento strumentale nel più ampio panorama della formazione dell’uomo e del cittadino.

Il docente di strumento musicale nella sperimentazione, ancora in quegli anni, conduceva la propria esperienza in un modo del tutto personale (“solitario”, si potrebbe dire), contribuendo a costruire uno scenario collettivo che vedeva presenze affatto differenti: dall’insegnante che riproponeva il modello formativo ricevuto da studente, a colui che invece infrangeva con determinazione tale schema e avviava processi a esso opposti, fino a chi nella propria conduzione didattica sfumava il proprio agire fra una modalità e l’altra. Va comunque altresì rilevato come alcuni tratti comuni abbiano da subito caratterizzato questa prima parte della storia del Corso: l’interdisciplinarietà (musica/altre discipline) e l’infradisciplinarietà (Strumento/Educazione musicale). Oltre a ciò, un altro elemento si attestò con particolare rilevanza, ovvero l’assunzione della musica d’insieme come momento privilegiato del far musica: proprio la musica d’insieme sembrò alla maggior parte dei docenti impegnati in questo percorso di riflessione il miglior àmbito d’osservazione didattico-metodologica. In tale contesto, ad esempio, poté trovare virtuosa applicazione in percorsi di rinnovamento disciplinare anche la reciproca relazione fra teoria musicale e pratica strumentale. Oltretutto, l’ampia diffusione della musica d’insieme in una fascia d’età tradizionalmente priva di questa occasione formativa condusse a un importante allargamento del relativo panorama editoriale: il docente di strumento aveva fra i suoi compiti anche quello di arrangiatore o “integratore” di partiture, da adattare alle competenze esecutive degli alunni della Scuola media. Molte delle partiture oggi in circolazione e destinate a orchestre di ragazzi di questa fascia d’età sono frutto del lavoro “sul campo” dei docenti dei corsi a indirizzo musicale, oltre che naturalmente di compositori sempre più spesso chiamati a produrre per questo specifico àmbito della fruizione didattica.

La musica d’insieme divenne nel tempo una pratica talmente condivisa e connotante che il DM 13/02/1996 ne sancì in via definitiva un ammontare preciso nell’orario cattedra del docente (15 ore di lezioni individuali + 3 ore di lezioni collettive). Quest’ultimo strumento normativo definiva, ancor più in dettaglio che il precedente, l’impianto organizzativo-didattico e indicava in modo inequivocabile le finalità del Corso a indirizzo musicale, connotandolo della funzione formativa propria della scuola dell’obbligo e svincolandolo quindi dal carattere meramente istruttivo o addestrativo che lo aveva da sempre caratterizzato nella didattica più tradizionale. In sostanza, si prese atto di quello che oramai era il modello maggiormente diffuso sul territorio nazionale. Il dato più significativo di tale inquadramento normativo risiedeva nel fatto che la fisionomia disegnata dal DM 13/02/1996 altro non era che il frutto dell’esperienza, della riflessione e dell’elaborazione sistematica di quei numerosi docenti di strumento che, dall’inizio degli anni ’90, assunsero in prima persona le sorti del Corso a indirizzo musicale, consci del fatto di promuovere una sorta di “riforma sul campo”. Costituendosi in associazione di categoria, essi poterono entrare in dialogo con organismi e istituzioni, avendo come scopo il consolidamento del modello sperimentale e, successivamente, il naturale abbandono di tale veste in favore di quella propriamente ordinamentale, sancita in via definitiva dal DM 06/08/99 (che a tutt’oggi regola il funzionamento Scuole medie a indirizzo musicale). Con esso, la disciplina Strumento musicale è divenuta curriculare e ha ampliato la sua consistenza disciplinare, con l’introduzione, ad esempio, dei programmi di studio per ogni strumento.

In definitiva, la riformulazione disciplinare della pratica strumentale, alla luce della sua relazione col resto dei saperi e in una visione più ampia della formazione dell’individuo, ha trovato esiti felici nella storia del Corso ad indirizzo musicale. Nel momento in cui stiamo vivendo, tale storia può inoltre costituire un modello utile alla riflessione su ciò in cui dovrà consistere il neo-istituito Liceo musicale, nella formulazione di un percorso di continuità formativa dell’istruzione musicale tra i segmenti di primo e secondo grado della Scuola secondaria.