A un anno dall’elezione a Presidente dell’Associazione Nazionale Critici Musicali (ANCM), approfitto della cortese ospitalità del SagGEM per proporre alcune riflessioni sulla situazione attuale della nostra professione, utili anche come piattaforma di discussione per la prossima assemblea associativa (Lucca, 25 aprile 2024, presso il complesso di San Micheletto, ospiti del Lucca Classica Music Festival).

Cos’è oggi la critica musicale, come si sta trasformando e cosa dobbiamo scongiurare che diventi? Procedo per punti.

1. La graditissima ospitalità offerta dal SagGEM e dalla sua coordinatrice, Giuseppina La Face (che è anche socia dell’ANCM), dà occasione di affrontare un aspetto dei rapporti tra critica, divulgazione e didattica della musica. Nelle discussioni con i musicologi emerge spesso il punto di vista secondo cui la critica musicale è assimilabile alla divulgazione. Certo, indirettamente la critica può avere una funzione divulgativa, perché accende interessi e offre spunti a una platea più vasta di quella intercettata dall’editoria musicologica, nonché supplisce alla cronica latitanza della scuola italiana – segnatamente quella superiore – in fatto di cultura musicale. Ma la critica è informazione. Divulgazione e informazione fanno parte di sistemi diversi: la prima è condivisione del sapere, secondo una dinamica dall’alto (chi sa) verso il basso (chi apprende), senza ovviamente escludere reciproci benefici; la seconda è stata descritta come un “tiro alla fune”: la stampa propone contenuti e punti di vista che cercano di intercettare gli interessi del lettore, che dunque ne influenza la selezione delle proposte e le modalità espositive. Cosa significa concretamente? Per restare alla dimensione didattica e formativa, auspico che nei corsi universitari di discipline della musica che intendono preparare anche alla professione editoriale e critico-musicale si insegni il giornalismo, la sua storia, la sua pratica e il suo sistema di valori. Finora non avviene. È dunque da segnalare l’attività seminariale che l’ANCM sta promuovendo e organizzando in seno alle Università italiane per consolidare questa consapevolezza.

2. Negli ultimi due decenni si è assistito a una profonda trasformazione della critica musicale, prima con l’affermazione della Rete e del giornalismo digitale, poi con l’avvento dei social network. La migrazione dalla carta al web ha contribuito ad allargare la platea dei lettori, e ha visto non solo l’affiancamento delle versioni digitali a quelle cartacee dei periodici più diffusi, ma anche la nascita di numerose testate dedicate all’informazione e alla critica musicale, con un aumento sensibile del numero di soggetti chiamati con i loro giudizi a popolarle. Non voglio qui discutere se questa proliferazione ha portato benefici nella qualità (forse no) e accessibilità dell’esercizio critico (probabilmente sì). La gratuità di accesso a queste fonti informative e critiche ha però messo in crisi il sistema di ingaggio e retributivo che ha garantito in passato la presenza di una critica musicale professionale: lo scenario attuale comprende più fonti informative, più critici, meno qualificati e sottopagati, spesso non retribuiti del tutto. La critica si è trasformata pian piano in un (costoso) hobby. Occorrerebbe allora un accordo generale tra critici, professionisti dell’informazione ed editori per proteggere e valorizzare i contenuti editoriali: la buona informazione, come la buona critica, non può essere gratuita per chi la legge e fruisce, anche se viaggia su dispositivi digitali.

3. La “cultura karaoke” (D. Ugrešić, Cultura karaoke, 2014) si è definitivamente consolidata con la diffusione dei social network, che ha messo in crisi le connotazioni di autorevolezza ed esclusività della critica musicale: nei social network lo spettatore si trasforma in critico e – cosa più grave e dannosa – il critico si riduce volontariamente a spettatore, proponendo recensioni che somigliano sempre più (anche nel linguaggio) alle opinioni dell’ascoltatore comune. È in parte un processo ineludibile, e sarebbe auspicabile che il critico assumesse almeno il ruolo di arbitro o di fact checker, per correggere le numerose storture e imprecisioni che nei social vengono spacciate come verità rivelate. Dovremmo però lavorare per ricordare ai lettori (ma anche a noi stessi) che la recensione come formato giornalistico non coincide con l’opinione di un singolo ma è – come ogni ‘notizia’ – un processo informativo collettivo e più complesso: dove la messa in pagina, la titolazione, il rapporto tra testo e immagini, la gerarchia con le altre notizie, la condivisione del testo con una redazione che lo approva (lo “passa”, taglia o modifica) sono operazioni di un team informativo, che conferiscono a quella opinione uno status diverso da quello che hanno i giudizi personali. Noi stessi critici, innamorati delle nostre opinioni e della loro visibilità più che del prodotto giornalistico che le veicola, dovremmo invece ricordarcelo.

Andrea Estero
Presidente Associazione Nazionale Critici Musicali

Direttore del mensile “Classic Voice”