Elisabetta Pasquini – Bologna

Dopo quasi vent’anni di silenzio dal decreto presidenziale n. 382 dell’11 luglio 1980, che istituì il dottorato di ricerca, il 3 luglio 1998 il legislatore ha finalmente messo mano al suo ordinamento con la legge n. 210 in materia di “Reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo”. Si riporta di seguito il testo dell’art. 4, dedicato all’argomento.

Articolo 4

Dottorato di ricerca

1. I corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca forniscono le competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione.

2. Le università, con proprio regolamento, disciplinano l’istituzione dei corsi di dottorato, le modalità di accesso e di conseguimento del titolo, gli obiettivi formativi ed il relativo programma di studi, la durata, il contributo per l’accesso e la frequenza, le modalità di conferimento e l’importo delle borse di studio di cui al comma 5, nonché le convenzioni di cui al comma 4, in conformità ai criteri generali e ai requisiti di idoneità delle sedi determinati con decreto del Ministro, adottato sentiti il Consiglio Universitario Nazionale e l’Osservatorio per la valutazione del sistema universitario e previo parere delle competenti commissioni parlamentari. I corsi possono essere altresì istituiti da consorzi di università

3. Alle borse di studio di cui al comma 5, nonché alle borse di studio conferite dalle università per attività di ricerca post-laurea si applicano le disposizioni di cui all’articolo 6, commi 6 e 7, della legge 30 novembre 1989, n. 398. Con i decreti del Ministro sono determinati annualmente i criteri per la ripartizione tra gli atenei delle risorse disponibili per il conferimento di borse di studio per la frequenza dei corsi di perfezionamento, anche all’estero, e delle scuole di specializzazione, per i corsi di dottorato di ricerca e per le attività post-laurea e post-dottorato.

4. Le università possono attivare corsi di dottorato mediante convenzione con soggetti pubblici e privati in possesso di requisiti di elevata qualificazione culturale e scientifica e di personale, strutture ed attrezzature idonee.

5. Con decreti rettorali sono determinati annualmente:

(a) il numero di laureati da ammettere a ciascun corso di dottorato;

(b) il numero di dottorandi esonerati dai contributi per l’accesso e la frequenza ai corsi, previa valutazione comparativa del merito e del disagio economico;

(c) il numero, comunque non inferiore alla metà dei dottorandi, e l’ammontare delle borse di studio da assegnare, previa valutazione comparativa del merito. In caso di parità di merito prevarrà la valutazione della situazione economica determinata ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 aprile 1997, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 132 del 9 giugno 1997, e successive modificazioni e integrazioni.

6. Gli oneri per il finanziamento delle borse di studio di cui al comma 5 possono essere coperti mediante convenzione con soggetti estranei all’amministrazione universitaria, secondo modalità e procedure deliberate dagli organi competenti delle università.

7. La valutabilità dei titoli di dottorato di ricerca, ai fini dell’ammissione a concorsi pubblici per attività di ricerca non universitaria, è determinata con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro, di concerto con gli altri ministri interessati. 8. Le università possono, in base ad apposito regolamento, affidare ai dottorandi di ricerca una limitata attività didattica sussidiaria o integrativa che non deve in ogni caso compromettere l’attività di formazione alla ricerca. La collaborazione didattica è facoltativa, senza oneri per il bilancio dello Stato e non dà luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli delle università.

Numerose le novità introdotte dalla legge 210/98 e dal successivo decreto applicativo emanato dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica (MURST), il “Regolamento recante norme in materia di dottorato di ricerca” (n. 224 del 30 aprile 1999). Il comma 1 della legge 210/98 introduce forse la novità più rilevante: il dottorato di ricerca non fornisce solo un “titolo accademico valutabile unicamente nell’ambito della ricerca scientifica” (1), ma anche “le competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione”. Si ridefinisce così il profilo professionale del dottore di ricerca, la cui esperienza è spendibile non solo in ambito accademico, come canale preferenziale per l’arruolamento universitario, ma anche nel mondo “esterno”.

Il comma 2 della stessa legge, sulla scia dell’autonomia didattica degli atenei (resa operativa dal decreto ministeriale 509/99), attribuisce alle singole università il compito di istituire i dottorati di ricerca su proposta dei consigli di Dipartimento e delle strutture competenti. Il decreto applicativo MURST 224/99 giudica sedi idonee le università che dispongono di adeguate risorse finanziarie e strutture scientifiche, di un collegio dei docenti formato da un congruo numero di professori e ricercatori dell’area disciplinare di riferimento, da un coordinatore responsabile e da tutors in numero sufficiente rispetto a quello dei dottorandi; tali requisiti devono essere verificati periodicamente, secondo criteri stabiliti dall’ateneo (2). Con appositi decreti rettorali (comma 5 nella legge 210/98), le università fissano annualmente il numero di candidati da ammettere a ciascun corso (non meno di tre) (3) e il numero delle borse da assegnare ai nuovi dottorandi (non inferiore alla metà del numero degli iscritti). Sulle borse di studio torneremo tra breve; per il momento basti sottolineare come l’autonomia universitaria, che non sembra aver mutato nella sostanza il quadro di riferimento – già nel 1980 si parlava di “notoria e peculiare idoneità … delle attrezzature scientifiche e didattiche di cui le Facoltà e i Dipartimenti dispongono” –, abbia favorito l’inserimento di alcune norme destinate ad agevolare il funzionamento della talora complessa macchina burocratica dei dottorati di ricerca.

Ne è un esempio il decreto presidenziale n. 387 del 3 ottobre 1997, che ha introdotto alcune modifiche in materia di “Procedure per il conseguimento del titolo di dottore di ricerca”, poi ribadite nel già menzionato decreto MURST 224/99. L’art. 1 del d.p.r. 387/97, riguardante gli esami d’ammissione, ha stabilito che la commissione, nominata con decreto rettorale dell’università sede amministrativa del dottorato su parere del collegio dei docenti, debba essere composta di professori e ricercatori di ruolo, anche di altri atenei, afferenti ai settori scientifico-disciplinari cui si riferisce il corso. La procedura pare dunque essersi notevolmente snellita: essa non deve più sottostare ai tempi biblici dei sorteggi tra i commissari più votati nelle Facoltà e nei Dipartimenti che afferiscono al dottorato e tra quelli indicati dal Consiglio Universitario Nazionale; in questa prospettiva, anche il rischio che il collegio dei docenti possa sentirsi esautorato, e la commissione giudicatrice in qualche misura deresponsabilizzata nella scelta dei candidati, risulta oggi notevolmente attenuato rispetto al passato.

L’art. 2 del d.p.r. 387/97 stabilisce inoltre che la commissione giudicatrice nell’esame finale per il conseguimento del titolo di dottore di ricerca, ora conferito dal rettore dell’università sede amministrativa del corso, debba essere composta di tre membri scelti tra professori e ricercatori che afferiscano ai settori scientifico-disciplinari del dottorato, dei quali almeno due non facciano parte del collegio dei docenti; ad essi si possono aggiungere due “esperti” scelti nell’ambito degli enti e delle strutture pubbliche e private di ricerca (4). Tale commissione deve essere convocata, sentito il parere del collegio dei docenti, non oltre il sessantesimo giorno successivo alla conclusione del corso di dottorato, ed è tenuta a chiudere le valutazioni entro i novanta giorni successivi al decreto rettorale di nomina. Anche in questo caso, la garanzia di un termine per il conferimento del titolo (al massimo due mesi più tre) non può che giovare ai candidati, che spesso in passato si erano visti costretti ad aspettare tempi lunghissimi prima di poter discutere la propria dissertazione e conseguire il titolo. Qualcosa è cambiato anche nella formazione delle commissioni giudicatrici, dalle quali non risultano più sistematicamente esclusi i membri del collegio dei docenti, vale a dire proprio gli studiosi più addentro ai problemi dibattuti nelle dissertazioni dottorali; oltre a non mortificare le responsabilità del collegio dei docenti, tale novità fa sì che l’esame finale non si riduca a un mero rito formale, come lamentavano Bianconi, Gallo e Leydi nel 1994 (5).

Il comma 8 dell’art. 4 della legge 210/98 fa chiarezza anche sulla spinosa questione dell’”attività didattica sussidiaria o integrativa” da affidare agli iscritti ai corsi di dottorato, già messa sul tappeto dal legislatore – con esiti affatto differenti – sin dal d.p.r. 382/80 (6). Stante questa disposizione (inserita, non lo si deve dimenticare, in una legge dedicata nel suo insieme al reclutamento di ricercatori e professori universitari), agli atenei è data facoltà di richiedere ai dottorandi una “limitata” collaborazione alla didattica, purché compatibile con “l’attività di formazione alla ricerca”; la natura di tale collaborazione – facoltativa e senza oneri per il bilancio dello Stato – è disciplinata dai regolamenti d’ateneo. Queste le soluzioni adottate in tre delle cinque sedi dottorali per le discipline musicali (Bologna, Pavia-Cremona e Trento): i dottorandi bolognesi possono essere impegnati per sedici ore annue (cfr. il decreto rettorale n. 591 del 26 agosto 1999, “Regolamento per l’istituzione dei corsi di dottorato e relativi adempimenti”, art. 19, secondo cui l’attività didattica “deve essere limitata al numero di ore annualmente stabilito dal collegio dei docenti in sede di programmazione delle attività del dottorato”, e le successive deliberazioni del collegio stesso); i dottorandi cremonesi per un massimo di venti ore annue (cfr. il “Regolamento in materia di dottorato di ricerca” del 16 gennaio 2000, art. 14, comma 1, punto e), mentre l’università di Trento non stabilisce un numero massimo di ore, ma prevede che l’attività didattica possa essere autorizzata solo a partire dal secondo anno di corso (cfr. il “Regolamento in materia di dottorato di ricerca” del 23 giugno 1999, art. 34) (7).

Importanti novità riguardano anche le borse di studio di cui possono beneficiare gli iscritti ai corsi di dottorato di ricerca. Alla legge 210/98 è seguita, a distanza di un mese, la legge n. 315 in materia di “Interventi finanziari per l’università e la ricerca”, con la quale lo Stato ha autorizzato una spesa “di lire 36 miliardi per il 1998, di lire 82,8 miliardi per il 1999 e di lire 89,4 miliardi a decorrere dal 2000, finalizzata all’incremento dell’importo delle borse concesse per la frequenza ai corsi di dottorato”; la stessa legge ha inoltre applicato alle borse di dottorato le disposizioni vigenti in materia di contribuzione previdenziale (8). Il successivo decreto ministeriale dell’11 settembre 1998 in materia di “Incremento delle borse di dottorato di ricerca”, attuativo della legge n. 315, ha fissato l’importo – al lordo delle trattenute – in 16 milioni di lire annue per il 1998, 19’900’000 per il 1999 e 20’450’000 per il 2000; dal 1999 le borse sono sottoposte – come ha definivamente chiarito la nota MURST n. 508 del 12 marzo 1999 – al versamento d’un contributo previdenziale (“a gestione separata”, nel quale confluiscono le trattenute dei lavoratori cosiddetti atipici), in misura del 4% a carico del beneficiario e dell’8% a carico dell’amministrazione, e, dall’anno 2000, rispettivamente in misura del 4,33% e dell’8,66%. L’importo della borsa di studio fissato dal d.p.r. 382/80 e successivi regolamenti attuativi ammontava a 13 milioni di lire annue, e tale importo è rimasto invariato dal 1985 (anno dell’attivazione del primo ciclo) sino al 1996: i recenti provvedimenti hanno determinato un sensibile incremento della borsa di dottorato, grazie al quale gli iscritti possono far fronte alle spese di frequenza e di ricerca in maniera più agevole. A differenza di quanto stabiliva il d.p.r. 382/80 (capo III, art. 79: “le borse di studio comunque utilizzate non danno luogo a trattamenti previdenziali né a valutazioni ai fini di carriere giuridiche ed economiche, né a riconoscimenti automatici ai fini previdenziali”), l’attuale normativa assicura inoltre ai dottorandi anche il diritto a una posizione contributiva, per i 2/3 a carico dell’università.

NOTE

(1) Così il d.p.r. 382/80, capo II, art. 68.

(2) Cfr. l’art. 2, comma 2.

(3) Tale disposizione figurava già nel d.p.r. 382/80, art. 70 (“Programmazione e numero dei dottorati di ricerca e relativa ripartizione”).

(4) Cfr. anche il decreto MURST 224/99, art. 6, comma 5.

(5) Cfr. Bianconi – Gallo – Leydi, I dottorati di ricerca cit., pp. 197-202.

(6) L’art. 79 (“Obblighi dei borsisti”) stabiliva che i dottorandi non potessero “in ogni caso essere impegnati in attività didattiche”.

(7) I regolamenti sono consultabili nei siti internet delle università di Bologna (http://www.unibo.it/infostud/continua/dott),
Pavia (http://www.unipv.it/ricerca/dottorati/primo.htm)
e Trento (http://www.amm.unitn.it/regolamenti/dottorandi,post-dottorandi,borsisti.doc/reg_dottorati_di_ricerca.html).
Si tratta di alcune delle possibilità contemplate nei regolamenti d’ateneo: solo per fare un altro esempio, alla Statale di Milano (http://www.unimi.it/norme/regolamenti/regoldott.htm) le ore salgono ad un massimo di 50, estensibili a 70 qualora i dottorandi partecipino “in qualità di cultore della materia alle commissioni per gli esami di profitto” (“Direttive emanate dal Senato accademico in materia di dottorato di ricerca”, del 14 marzo 2000); per tali “attività di orientamento, di tutorato e dirette ad assicurare lo svolgimento di compiti integrativi, sussidiari e complementari degli insegnamenti ufficiali (cicli di sostegno, seminari, esercitazioni, ecc.) ai dottorandi … può essere riconosciuto, ai sensi dell’art. 48 del Regolamento generale d’ateneo, un compenso pari a L. 60’000 per ogni ora di attività svolta” (“Determinazioni adottate dal Consiglio di amministrazione in materia di dottorato di ricerca”, del 29 febbraio 2000).

(8) Di cui all’art. 2, comma 26 della legge n. 335 dell’8 agosto 1995, nonché all’art. 59, comma 16 della legge n. 449 del 27 dicembre successivo. Il punto h, comma 1 dell’art. 7 del decreto MURST 224/99 ha inoltre regolamentato i termini di erogazione della borsa dottorale, la cui cadenza non può essere superiore al bimestre.