Sara Elisa Stangalino (Bologna)
Un’opera per il re Sole: “Xerxès” di Nicolò Minato e Francesco Cavalli

Nel 1660 a Parigi si festeggia lo sposalizio del re di Francia, il giovane Luigi XIV, con l’infanta di Spagna Maria Teresa, evento destinato a suggellare la pace dei Pirenei (1659) tra le due monarchie.
Nella pianificazione delle celebrazioni un ruolo di primo piano è assunto dal cardinale Giulio Mazzarino il quale, succeduto al Richelieu, è a corte tenace assertore dell’opera italiana; i reiterati tentativi d’introdurre l’opera in musica alla corte francese manifestano la concezione di un’arte intesa come strumento per attuare un più generale piano di egemonia culturale e politica.
Per l’occasione viene commissionata un’opera (l’Ercole amante) a Francesco Cavalli, il più acclamato compositore del momento; alle maestranze dell’architetto modenese Gaspare Vigarani è affidata l’edificazione di un nuovo teatro adatto ad accogliere il complesso apparato di macchine previsto per la messinscena del dramma (stilato da Francesco Buti).
Una serie di fattori impedisce di ultimare la Salle des machines – questo il nome del nuovo teatro – in tempo per i festeggiamenti; accantonata temporaneamente l’idea di allestire il grandioso Ercole, Cavalli accetta di rappresentare il suo Xerse, fortunato dramma per musica di Nicolò Minato già allestito a Venezia nel 1655 e acclamato di poi in vari teatri d’Italia.
La relazione illustra la struttura del Xerse originario (1655) in comparazione col Xerxès (1660), pesantemente rimaneggiato nell’ottica di un adeguamento al gusto locale.
Si illustrano le macrovarianti strutturali che emergono dal confronto di tre fonti: il libretto veneziano (1655), il testo della partitura francese (1660; copia F. Fossard 1695) e lo scenario a stampa (1660). L’analisi consente di avanzare altresì alcune ipotesi di derivazione. Le divergenze tra i paratesti del libretto e dello scenario sono sintomi della diversa finalità dello spettacolo, concepito come encomio per la grandeur del ventiduenne sovrano.