Ventiduesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Bologna, 23-25 novembre 2018

 

Abstracts

Tom Mébarki (Aix/Marseille)
Rossini: un (post-)moderno? Dal classicismo al neoclassicismo

[…] le cynisme mélodique, le mépris de l’expression et des convenances dramatiques, la reproduction continuelle d’une formule de cadence, l’éternel et puéril crescendo et la brutale grosse caisse de Rossini m’exaspéraient […]. C’est la musique d’un malhonnête homme!

Hector Berlioz, Mémoires (1870), Tome I, Paris, Garnier-Flammarion, 1969, p. 102.

La critica di Hector Berlioz indirizzata al suo coevo compositore italiano non manca affatto di stravaganza nella formulazione; tuttavia non si può negare che egli elabori una definizione abbastanza appropriata della musica buffa rossiniana. Ciò che è contestato a Rossini, tra le righe, corrisponde piuttosto a una posizione anti-moderna, a causa di una scrittura musicale che oltre a rifugiarsi nelle forme del classicismo, lo trasforma in un classicismo deformato. Una simile dualità si ritrova all’inizio del Novecento, nel momento in cui i nuovi fautori di una modernità innovatrice (che rimpiazza quella dell’Ottocento) saranno criticati dai compositori ben presto etichettati come neoclassici. Questi ultimi svilupperanno un’estetica di riprese e citazioni delle forme antiche, pur forgiando una nuova scrittura.

Questo contributo presenta un duplice obiettivo. In primo luogo, si vuole dimostrare che i gesti compositivi di alcuni dei compositori considerati neoclassici e futuristi (come Satie, Russolo, Stravinsky, Šostakovič…) possiedono un potenziale rossiniano; infatti le espressioni utilizzate da Berlioz per Rossini all’inizio del XIX secolo sono effettivamente assimilabili alle tecniche musicali adoperate da questi musicisti. D’altronde, si può ritrovare un’attitudine comune, propria ai momenti di passaggio tra i secoli. In secondo luogo, l’individuazione di una possibile influenza di Rossini sul Novecento permetterebbe di aggiornare la posizione del compositore, considerando dunque anch’egli come un “moderno”. Per questo aspetto, Rossini potrebbe far parte della schiera dei musicisti (post-)moderni, di quelli immersi in una transistoria della musica, sottraendosi così all’abituale dicotomia tra classico e romantico.