Ventiduesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»
Bologna, 23-25 novembre 2018
Abstracts
Restauro del clavicembalo di fine Seicento recentemente attribuito a Mattia di Gand
Nella sezione Strumenti Antichi dei Musei Civici di Treviso (inv. SM 3) si trova un clavicembalo di fine Seicento, simile, per la decorazione della cassa, a un solo esemplare noto, conservato nel Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma.
Nel tempo lo strumento trevigiano è stato oggetto di diverse trasformazioni che ne hanno alterato alcune caratteristiche costruttive e funzionali.
Nel dicembre 2014 è iniziato il restauro integrativo, da un’idea di Andrea Marcon e promosso dall’associazione “Antiqua Vox”, presieduta da Claudio De Nardo, che si è impegnata a sensibilizzare istituzioni pubbliche e privati cittadini al fine di reperire le risorse necessarie all’operazione; l’intervento è giunto a termine nella primavera del 2017, classificandosi come ottavo progetto nazionale “Art bonus”. L’incarico è stato affidato a Graziano Bandini – restauratore di fiducia del Museo di S. Colombano a Bologna – sotto la guida di un’autorevole commissione di esperti, presieduta dal compianto Luigi Ferdinando Tagliavini e da Massimo Bisson, con la presenza, tra gli altri, dello stesso Andrea Marcon e di Liuwe Tamminga, organista degli storici organi della Basilica di S. Petronio a Bologna e curatore della collezione di strumenti antichi del Museo di S. Colombano – Collezione Tagliavini. La Commissione ha curato tutte le fasi di studio e di restauro, in accordo e con la supervisione della direzione dei Musei Civici di Treviso e della Soprintendenza dei beni culturali.
Il clavicembalo ha subìto una prima urgente opera di restauro per consentire il recupero delle caratteristiche strumentali originali, in seguito è stato oggetto di un ulteriore intervento volto a ripristinare il terzo registro di otto piedi, con la sistemazione dei ponticelli nella posizione iniziale. Il restauro si è svolto in un’unica sessione.
Nel corso di poco più di due anni di “restituzione”, lo strumento appartenuto all’avvocato e collezionista Bruno Lattes e donato in seguito al Museo della Marca, ha rivelato anche la presunta identità del costruttore, che pare essere, secondo lo studio di Denzil Wraight, il fiammingo Mattia De Gand, attivo a Roma tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento. Considerato per importanza il secondo cembalaro dell’Urbe, dopo padre Giuseppe Mondini noto come il Prete da Imola, De Gand è stato accordatore e costruttore del principe Ruspoli e con buona probabilità ha conosciuto Georg Friedrich Händel.
La nascita del cembalo è dunque collocabile in ambiente romano nel decennio che va dal 1690 e il 1700 e, grazie alle ricerche e alle intuizioni del maestro Luigi Ferdinando Tagliavini e del restauratore Graziano Bandini, lo strumento si è rivelato un’autentica rarità: un clavicembalo italiano del XVII secolo a tre registri, uno dei quali in budello, il cosiddetto “tiorbino”, che ora risuona in tutta la sua bellezza.