La storia al servizio del futuro

Un articolo nel Sole 24 Ore di Matteo Motterlini (20.XI.2011) ci informa che gli studenti di Harvard hanno protestato contro l’approccio paradigmatico all’insegnamento di teoria economica nel loro corso di studi. Secondo gli allievi del Prof. Gregory Mankiw un corso accademico dovrebbe esaminare pregi e difetti di più modelli economici, mentre il corso da loro contestato non fornisce alcuno studio comparativo, né una lettura diretta delle fonti. (http://hpronline.org/harvard/an-open-letter-to-greg-mankiw/).

La richiesta implica un riconoscimento: un approccio storico e critico alle fonti permette l’accesso a una pluralità di teorie, in campo economico, come in qualsiasi altro ramo del sapere. Gli studenti lamentano che il corso del Prof. Mankiw fornisce loro degli strumenti di conoscenza al servizio del solo sistema economico attuale. Ritengono che uno studio comparato di più teorie economiche li aiuterebbe a sviluppare maggior spirito critico e a capire, dunque, meglio la natura storica del sistema attuale: ‘storica’, ossia ‘non-inevitabile’, in quanto frutto della piega che storicamente hanno preso le cose, una piega che sarebbe anche potuta essere diversa.

Vediamo qui all’opera un semplice esempio della dicotomia, segnalata da Marc Augé (Che fine ha fatto il futuro?, Milano, Eleuthera, 2009), tra attuale (concetto meramente naturalistico) e contemporaneo (concetto squisitamente storico). Augé sostiene che il mondo attuale manifesta una tendenza all’egemonia, all’imposizione di sé come fatto compiuto (‘questa’ economia come la sola economia possibile). Lo studio del passato (testi, teorie, opere) permette invece di entrare in contatto con modi di pensiero e sistemi di valori plurimi. Così, l’esperienza del passato che lo studio storico ci permette integra il nostro presente, lo arricchisce, e ci mette in grado di pensare il futuro in modo meno deterministico. Lo studio storico consente di sottrarre il presente all’egemonia dell’attuale, e di mutarlo in un variegato orizzonte contemporaneo.

La prospettiva storica può, dunque, svolgere un’importante funzione anche per chi non si occupi di studi storici o discipline umanistiche. La storia, che implica studio, quindi fatica, dissoda il terreno (‘incolto’) della mente e lo prepara a ricevere una nuova semina. Non solo: per un terreno dissodato l’acqua piovana (fenomeno ‘attuale’, esso sì inevitabile, in quanto agente esterno) non sarà allora un elemento travolgente di cui essere alla mercé, ma si rivelerà un elemento vitale, filtrabile, da cui trarre nuove occasioni di crescita.

Maria Semi

Assegnista di Ricerca

Alma Mater Studiorum – Università di Bologna


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