Il tema dell’educazione alle arti nel curricolo scolastico non aveva mai suscitato, finora, l’interesse dell’OCSE, il potente organismo internazionale che nelle sue e indagini e statistiche fotografa lo sviluppo e la salute ‘economica’ dei diversi Paesi. Lo scorso giugno, tuttavia, è stato pubblicato un sorprendente Rapporto intitolato Art for Art’s sake? The Impact of Arts Education (www.oecd.org/edu/ceri/arts.htm). Sin dalle pagine introduttive si incontrano energiche affermazioni di principio a sostegno di un’adeguata educazione alle arti nei curricula scolastici: «Un curricolo che ignora le arti non fornisce ai giovani l’accesso ai domini basilari del pensiero umano e dunque offre un’educazione sbilanciata e parziale. La comprensione delle arti è cruciale per la comprensione di quanto di meglio gli esseri umani abbiano creato nel corso dei secoli … Tuttavia … nell’attuale clima educativo, in cui le risorse finanziarie per l’educazione sono ridotte e le nazioni competono sulla base dei risultati dei test degli studenti, le arti sono considerate discipline ‘periferiche’ e quindi sacrificabili».
Curioso che ad affermare ciò sia proprio l’organismo internazionale che più ha contribuito alla diffusione della cultura “competitiva” dei test per misurare le competenze e la literacy degli studenti! L’indagine dell’OCSE parte dal presupposto che gli artisti, come gli scienziati e gli imprenditori, siano modelli di riferimento per i processi di innovazione nelle nostre società e che pertanto sia necessario capire in che modo le competenze acquisite attraverso un’adeguata educazione alle arti risultino determinanti per la formazione dell’individuo. Punto di partenza del Rapporto è la comparazione di dati ricavati da ricerche empiriche internazionali sull’effetto “estrinseco” delle educazioni artistiche su competenze non artistiche (social, spatial, reading skills etc.). Ampio spazio, in quest’ambito, è dedicato agli effetti della music instruction, espressione che evoca, a dire il vero, una forma di addestramento piuttosto che di educazione. Volontariamente esclusa dall’indagine è, invece, la cosiddetta cultural education, ovvero l’educazione di matrice umanistica e storica ‘sulle’ arti. In questo senso, metodo e conclusioni dell’indagine appaiono parecchio ambivalenti rispetto all’assunto iniziale che definisce l’educazione all’arte come accesso alla comprensione dei «domini basilari del pensiero umano».
Gli estensori del Rapporto riconoscono infatti apertamente quanto sia poco fruttuoso cercare di giustificare la necessità di un’educazione alle arti solo rispetto a possibili effetti “collaterali” concreti, a semplicistici “transfer” su aree e competenze non artistiche. È questo, purtroppo, il fondamento delle politiche educative in campo artistico di tanti Paesi OCSE. La raccomandazione dell’OCSE è quella di indagare, invece, le eventuali ricadute di un’educazione alle arti a «livello cognitivo superiore». E tuttavia, escludendo la prospettiva della cultural education, sono proprio quelle competenze cognitive di ordine superiore a non essere prese in considerazione nell’indagine.
Sembra infatti diventato uno spreco o un lusso per pochi privilegiati il valore intrinseco di un’educazione musicale e artistica che sia anzitutto Bildung, ovvero formazione di una soggettività autonoma e libera attraverso l’attività estetica e il confronto critico con le opere d’arte frutto dell’ingegno e della cultura dell’uomo. Ciò non può prescindere da una formazione di tipo storico-estetico, che allarghi gli orizzonti cognitivi e superi le scissioni radicali tra senso e intelletto, tra spirito e corpo, tra manualità e conoscenza che caratterizzano tanta parte della cultura occidentale moderna. E’ questo il vero scopo dell’incontro con la musica e le arti: lo riconosce, purtroppo confusamente, persino l’OCSE, due secoli dopo Goethe, Schiller, Humboldt…
Anna Ficarella
Docente di scuola secondaria di secondo grado
IIS “F. Caffè” Roma
Collaboratore Struttura Tecnica Esami di Stato
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca