Musica e musicologia ai tempi del Coronavirus

La guerra improvvisa che un nemico invisibile ha dichiarato all’umanità intera sembra averci concesso una tregua, dopo una battaglia lunga ed impegnativa. Ora, quindi, ci sentiamo pronti “ai blocchi di partenza” per liberare le energie compresse durante il periodo del confinamento ed avviare una splendida ripresa. 

Sembra strano, ma il miracolo economico e culturale iniziato negli anni ’50 del Novecento è seguito ai disastri della Seconda guerra mondiale. Nell’ambito musicale legato alla città di Perugia, mi piace ricordare l’Associazione degli Amici della Musica e la Sagra Musicale Umbra, nate entrambe nell’immediato dopoguerra e tuttora esistenti. Esse hanno contribuito in maniera determinante alla diffusione di una cultura musicale di altissimo livello, avvicinando alla musica di ogni genere e di ogni epoca il pubblico, e soprattutto i giovani.

Perché, dunque, non sperare in un nuovo miracolo? Ci sono state e ci sono ancora emergenze sanitarie e bisogna in primo luogo assicurare a tutti il benessere materiale. Accanto alle esigenze primarie esistono, però, altre necessità fondamentali per l’uomo: il nutrimento dell’anima costituito dalle attività culturali ed in particolare dalla musica. In questo periodo la musica ci è stata di grande aiuto. Si sono anche escogitate modalità per suonare insieme a distanza, i balconi si sono animati di musica, si è ascoltato il silenzio delle città e i suoni della natura in una dimensione del tempo quasi irreale e sospesa. I docenti dei Conservatori hanno profuso molte energie per organizzare la didattica a distanza, quasi impossibile nel caso di discipline le cui abilità si acquisiscono da secoli e millenni attraverso la frequentazione dei maestri.

E i musicologi e gli storici della musica? Per loro il danno sembra essere stato meno vistoso. La didattica a distanza ha offerto i surrogati delle lezioni in presenza che in alcuni casi hanno mostrato insospettate potenzialità. Ma oltre agli studenti esisteva tutta una platea di amanti della musica (di “amateurs” nel senso ottocentesco del termine) che contribuiva a creare il contesto culturale di un luogo intorno a conferenze, presentazioni di libri, concerti, spettacoli e mostre. Anche in questo caso si è sopperito con modalità virtuali che offrono “prodotti” migliori, ma sicuramente meno vivi e coinvolgenti di quelli reali.

E la ricerca musicologica? Quella di prima mano i cui risultati si pubblicano dopo studi approfonditi per un ristretto numero di lettori? Un lusso per la società, ma un eccelso esercizio della mente ed una preziosa custodia della nostra identità. Certe ricerche si fanno bene anche da casa grazie alla grande quantità di fonti reperibili in rete, ma numerose altre richiedono i metodi consueti. Ed ora con le biblioteche che hanno sospeso anche le riproduzioni e gli archivi che hanno ridotto al lumicino la possibilità di consultazione, molti lavori rimangono in sospeso. 

Speriamo, quindi, di poter tornare presto alle modalità di lavoro precedenti, sia nella didattica sia nella ricerca, arricchite, nondimeno, da tutte le nuove esperienze maturate in questo periodo di difficoltà. 

Biancamaria Brumana

Già ordinario di Musicologia e storia della musica

Università di Perugia e di Firenze

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *