Insegnare Storia della musica in conservatorio. Riflessioni su un’esperienza personale

Le discipline musicologiche hanno subìto in questi ultimi anni un notevole ridimensionamento all’interno dei piani di studio dei Conservatori di musica congiuntamente all’abolizione di diverse cattedre. La maggior parte degli studenti che arrivano al triennio non hanno una formazione storica di base e non posseggono alcuna “abitudine” all’ascolto della musica colta. Scarsissima è la conoscenza dei capolavori “fondamentali”, difficile risulta la lettura del testo musicale e di una partitura, manchevoli le nozioni di come sia disposta un’orchestra e a volte si riscontra una diffusa incapacità di riconoscere il timbro degli strumenti (che non sia il proprio). A questo si aggiungano modelli di apprendimento superati, basati ancora sull’ancoraggio quasi ossessivo ad un libro di testo in vista esclusivamente di una nozionistica preparazione della verifica finale. Quasi inesistente risulta poi il concetto di interpretazione del testo musicale in modo critico e personale o della possibilità di svolgere motu proprio una ricerca di testi e fonti sonore per l’approfondimento della lezione sia on line che nelle biblioteche.

Il quadro culturalmente depauperizzato impone di riflettere sulla scelta del programma da svolgere. Ripercorrere la storia della musica vettorialmente dai “Greci” in poi significa acclarare un percorso formativo fondato essenzialmente sull’acquisizione organizzata di nozioni precludendo un’occasione preziosa per abituare gli studenti all’ascolto e cercando di dar loro un metodo per la verbalizzazione della musica attraverso il contatto con opere fondamentali della storia della musica che sono la base del bagaglio culturale di un individuo.

Progettare programmi monografici sulla storia della sinfonia, dell’opera o della musica sacra (quest’ultimo cronologicamente più ampio e magari proponibile al secondo anno) permette di affrontare in modo più agevole la questione della trasmissione dei saperi (non, quindi, di aride nozioni) cercando il più possibile di organizzare ascolti capaci di stimolare l’interesse per la disciplina troppo spesso ritenuta in modo preconcetto “astratta”, “noiosa” o “lontana” da parte degli studenti.

L’ascolto deve essere sempre corredato dal relativo testo musicale (e poetico se si tratta di musica vocale) che il docente, dopo il dovuto “inquadramento storico”, deve saper leggere non in modo analitico ma cercando discorsivamente di sottolineare i passi più importanti, le strategie dei compositori. Il problema della verbalizzazione da parte dell’insegnante è fondamentale per far capire la struttura formale, i sistemi stilistici, il suono e la prassi esecutiva (storica se si tratta di musiche prima del 1850) nonché il processo compositivo che consiste nel saper cogliere il “pensiero” musicale ed estetico del compositore.

Essendo l’ascolto la parte “pratica” di comprensione più importante è spesso necessario (oltre al CD) l’utilizzo (onde possibile) del DVD. Il DVD, più che il CD, fornisce l’opportunità al docente di far “sentire” e nel contempo di far “vedere” concretamente i concetti storico-culturali-estetici espressi nella verbalizzazione del brano dando la possibilità di intervenire ancora per meglio esplicarli durante l’ascolto visivo.

Con il DVD possono inoltre essere proposti documentari specifici sulla composizione o sul compositore affrontato e per penetrare i punti nevralgici del brano risultano affascinanti anche le prove d’orchestra dove i direttori esprimono la “loro” lettura interpretativa del brano.

Questo stesso metodo può essere svolto dopo diversi incontri anche dagli allievi, affidando loro il compito di organizzare delle vere e proprie “lezioni” in classe: un modo per arricchirsi vicendevolmente e per sostituire la vecchia verifica nozionistica (l’esame finale) con una più attiva e maggiormente funzionale ad una formazione critica ed intelligente.

Galliano Ciliberti
Docente di Storia della Musica per Didattica della Musica
Conservatorio di Musica “Nino Rota” di Monopoli

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