in collaborazione col 
Dipartimento delle Arti Alma Mater Studiorum — Università di Bologna  

Ventitreesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Abstracts

 


DANIELE PERARO
 (Milano)

“On the Town” da musical ‘politico’ a classico d’intrattenimento hollywoodiano

“New York, New York it’s a wonderful town”. Così Gene Kelly, Frank Sinatra e Jules Munchin intonano il celebre song all’inizio del film On the Town del 1949, adattamento del musical di Jerome Robbins e Leonard Bernstein dallo stesso titolo. Ma di quale New York cantano? Della Grande Mela del 1949, anno in cui il film è ambientato. Celebrano quindi una città diversa da quella che, cinque anni prima, Leonard Bernstein aveva in mente quando, in piena guerra, nasceva il suo primo musical. Lo spettacolo mette in scena una metropoli multietnica in continuo movimento dove la frenesia della città si unisce alla musica di strada, il balletto classico al blues dei nightclub. Qui culture diverse si mescolano accompagnate da una musica che, per generi e stili, può essere interpretata come una dichiarazione d’intenti. Questa è una città all’ombra della guerra dove il musical ‘impegnato’ diviene una brillante istantanea di un momento storico. L’America raccontata dal film è però diversa da quella del 1944. Dopo cinque anni, non solo la Seconda Guerra Mondiale era stata vinta, ma gli Stati Uniti stavano entrando in una fase di crescita. Dove lo spettro del conflitto messo in scena nello spettacolo di Broadway funzionava come chiave critica del multiculturalismo, la postdatazione del film è la manifestazione più evidente della volontà di marginalizzare l’aspetto di critica sociale del musical. I marinai in uniformi bianche cantano una partitura anestetizzata in un atto di “restrizione razziale”, come ha affermato Carol J. Oja.
La relazione illustra queste “restrizioni” concentrandosi sulle possibilità del linguaggio musicale di essere voce politica pur in assenza di un discorso politico. On the Town è un esempio chiave di come le complessità musicali e scenografiche di una messa in scena possano essere appiattite e semplificate nella trasposizione cinematografica. Il film elimina infatti la componente più politica del musical di Bernstein e riduce le differenze culturali a stereotipi. Nel 1949 si canta di un’altra wonderful town.