Insegnar col mito nella scuola dell’infanzia

Nell’anno scolastico appena concluso il mito di Fetonte è stato al centro di numerose iniziative rivolte a scuole torinesi di diverso indirizzo, ordine e grado. Tra le diverse attività ideate, il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Torino ha promosso, all’interno del progetto di Terza Missione “Miti di fondazione”, un laboratorio di musica e teatro svolto presso la scuola dell’infanzia “Millefonti” del quartiere Lingotto. Qui, in collaborazione con la città, sono stati messi a dimora due pioppi che, raffiguranti simbolicamente le Eliadi, sorelle di Fetonte, hanno fornito lo spunto per la realizzazione di un laboratorio avente due obiettivi principali: sviluppare la consapevolezza dell’ascolto e del gesto corporeo a partire dalle metamorfosi narrate nel mito e sensibilizzare alla sostenibilità ambientale attraverso un mito che rappresenta una perfetta metafora dell’attuale cambiamento climatico.

È stato chiesto alle bambine e ai bambini dai tre ai cinque anni di familiarizzare con le caratteristiche narrative del mito attraverso un piccolo gioco per conoscersi e introdurre la classe ai lavori: in uno spazio di azione immaginario tra l’Olimpo e la natura terrestre, la classe è stata invitata a costruire con il corpo alcune “mitiche” scatoline contenenti mostri e divinità mitologiche di cui ha mimato le caratteristiche con gli strumenti dell’improvvisazione teatrale.

L’attività centrale del laboratorio è stata quindi dedicata alla lettura, all’ascolto e alla restituzione teatrale di una filastrocca ispirata al racconto del mito di Fetonte narrato nelle Metamorfosi di Ovidio: il testo ovidiano, che Calvino definiva «dagli indistinti confini»,[1] ha così preso giocosamente forma in una versione performativa che la classe ha fatto propria. La filastrocca è stata suddivisa in quattro sequenze, presentate di lezione in lezione. La prima, con funzione di ritornello, è divenuta l’esercizio preparatorio di ciascun incontro, al fine di sviluppare una tecnica di memorizzazione attraverso l’associazione dalcroziana di gesto, suono e movimento. Il laboratorio ha infatti messo al centro della formazione infantile la «retorica del corpo» ovidiana,[2] fascinazione per la metamorfosi che si trasmette dal gesto al corpo fino alla parola e alla musica. Tali elementi sono ancora più evidenti nelle due successive sequenze dove ciascun movimento è stato associato al suono di una percussione mediante l’utilizzo di strumenti scelti non solo per fini mimetici, ma anche per educare alla sostenibilità ambientale: dalle Eliadi ai pioppi, dagli alberi al legno, dal legno alla realizzazione dei primi strumenti musicali, flauti e percussioni. Per l’ultima sequenza, dedicata al catasterismo del fiume Eridano, ci si è “spostati” tra le stelle, trasformate in suono con l’ausilio di triangoli e tamburelli a sostegno ritmico della melodia di Ah! Vous dirai-je, Maman appositamente rivisitata.

Il laboratorio è stato di ispirazione per le docenti e per i genitori, coinvolti nella produzione di un audiolibro della filastrocca costruito con i disegni delle bambine e dei bambini, lettrici e lettori del testo. Tradotto in parte in spagnolo in omaggio al contesto multiculturale della classe, il libro costituisce una rivisitazione del mito indagato tra musica e teatro con lo sguardo curioso e vivace dei bambini, in uno scambio di conoscenze che incarna al meglio lo spirito universitario della Terza Missione.

Valentina Monateri
Elisabetta Vaccarone
 Dottorande in Letterature e culture comparate
Dipartimento di Studi Umanistici – Università di Torino


[1] Italo Calvino, Gli indistinti confini (1979), in Publio Ovidio Nasone, Le Metamorfosi, a cura di P. B. Marzolla, Torino, Einaudi, 1994, pp. vii-xvi.
[2] Cfr. Lynn Enterline, The Rhetoric of the Body. From Ovid and Shakespeare, Cambridge, Cambridge University Press, 2006, p. 6. Cfr. inoltre Chiara Lombardi, La passione e l’assenza. Forme del mito in poesia da Shakespeare a Rilke, Torino, Accademia University Press, 2018, p. 24.