Ventesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Bologna, 18-20 novembre 2016

 

Abstracts

Eleonora Cosci (Firenze)
Webern, Klee e il mistero della natura: essenza, forma e temporalità

Ogni arte ha una peculiarità fondamentale: quella di potersi esprimere nell’immediatezza. Nel nostro caso, musica e pittura sono rivelazioni dello spirito e sono accomunabili in quanto linee e colori sono come suoni e movimenti: in ogni forma visiva c’è una linea “melodica” così come ogni fenomeno sonoro è una sorta di visione spaziale inconscia.

Utilizzando serie combinate di dodici suoni, Webern stabiliva fra ciascun grado della scala cromatica parallelismi e simmetrie che si riproponevano, in maniera variata, fino alla fine di un brano. Lo stesso concetto di riproposizione di pochi elementi grafici variati nella forma venne perseguito da Klee, che prediligeva la concisione e la spoliazione di tutto ciò che poteva essere ridondante; partendo da una semplice linea di base, Klee creava sulla stessa “spirali” e segmenti dai tratti sia sottili sia marcati, secondo lo stesso principio di smembramento e variazione, sinonimo di “coerenza” interna alla natura. Proprio come da una cellula dodecafonica si originano tutte le altre serie, così da una linea appena accennata nascono varie forze geometriche costantemente ridefinite, come una pianta che prende origine da una singola cellula, sviluppandosi formalmente con una geometria rigorosa.

Webern era guidato da una volontà di purezza cristallina formale per far risaltare l’unicità di ogni suono in luogo di un mero costruttivismo espressivo: decomponendo le relazioni tonali e rinnegando qualunque principio estetico, riprese la teoria enunciata da Goethe nella Metamorfosi delle piante, secondo la quale l’arte è vista come un prodotto della natura e l’uomo altro non è che quel vaso in cui la natura riversa tutto ciò che ha da esprimere. Era quindi fondamentale per Webern ricercare le leggi immanenti all’universo, imparare a conoscerle e provare a riprodurle nell’opera d’arte: le dissonanze sono parte della natura proprio come le consonanze e devono essere considerate allo stesso modo. Klee era portavoce della medesima ideologia, secondo la quale l’uomo-artista deve stabilire un costante dialogo con la natura, in quanto egli stesso è un frammento di natura, sovrastato dal dominio cosmico del Creatore, e deve quindi allontanarsi il più possibile dalla ricerca della novità e dal soggettivismo. La fantasia è considerata da entrambi gli artisti un pericolo, in quanto l’illusione comporta una deviazione da quella che è la vera realtà. Klee non disegnava ciò che si vuole vedere, ma ciò che si deve vedere: omettendo qualunque fronzolo tecnico apparentemente più d’effetto ma meno attinente alla realtà delle cose, il pittore svizzero creava delle minuscole “contrazioni” grafiche molto simili ai microcosmi sonori di Webern.

Esili figure da una parte (Klee) e istanti puntuali dall’altra (Webern) simboleggiano quindi una nuova temporalità smaterializzata, fatta di aforistiche visioni e sospensioni sonore.