Diciottesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»
Bologna, 21-23 novembre 2014
Abstracts
Tra silenzio e rumore, tra senso e non senso: la percezione della musica nel paesaggio sonoro italiano
L’intervento espone alcuni risultati di una recente ricerca sulla costruzione sociale del silenzio. Tale ricerca è stata condotta sugli archivi storici di tre quotidiani italiani, «LaRepubblica», il «Corriere della Sera» e «Avvenire», ritagliando un corpus di un centinaio di articoli che parlano di silenzio e che vanno dal 2000 al 2011. L’analisi semiotica svolta su tale corpus ha evidenziato come la musica abbia un ruolo di primo piano all’interno del paesaggio sonoro urbano: troviamo musica diffusa in differenti luoghi (negozi, grandi magazzini, stazioni, aeroporti, ascensori, ecc.) e trasportata tramite cellulari e lettori mp3. La musica è sentita come una presenza continua e pervasiva, che si ritrova sempre e ovunque, secondo una tendenza ipertrofica. A riguardo, si è iniziato a parlare di uno specifico inquinamento musicale, che contribuisce a una più generale «inflazione semiotica» (Volli 2003) o «ipertrofia segnica» (Dorfles 2006).
Definiti entrambi sottofondo costante e frastuono aggressivo, la musica d’ambiente viene paragonata al rumore che permea le città e ne diviene non solo un caso paradigmatico ma soprattutto un modello per poterne parlare: mancando di struttura e differenze al proprio interno, sia il rumore cittadino che la muzak (la musica d’ambiente di peggior specie) tendono all’in-distinto e all’in-differenziato portando così all’in-sensato, a una perdita di senso. Essendo musica destrutturata, la muzak riduce il proprio Ascoltatore Modello (Eco 1979) a una pura istanza percettivosomatica. Lo scopo di tale musica è infatti passare sotto la soglia dell’attenzione mantenendo un effetto somatico: rallentare il passo all’interno dei grandi magazzini, coprire la paura del vuoto in ascensore. Non è un caso che per parlare di tale musica venga utilizzata la metafora della droga.
Contro tutto ciò alcuni musicisti danno vita a forme di protesta che ebbero una prima apparizione negli anni ’50 negli Stati Uniti e negli anni ’70 in Canada ed Europa, come ad esempio 4’33’’ di John Cage (1961) e gli studi sul paesaggio sonoro di Murray Schafer (1977). Le odierne pratiche di soundwalk e di sound design sono un tentativo di riportare senso dove si era perduto.
Rielaborando De l’imperfection di Greimas (1987), Landowski (2004) propone un modello per l’emergenza del senso che descrive perfettamente tutto ciò. La nascita del senso avviene per una negazione del puro continuo e del puro discontinuo. In termini acustici: data la continuità di un suono, è necessario variarla creando una melodia; dato un insieme caotico, discontinuo, bisogna agire sui suoi suoni armonizzando il tutto. È solo ritrovando le differenze e armonizzandole che il senso può darsi. Una musica indistinta in se stessa e indistinguibile dal suo ambiente acustico diviene solo rumore. Al contrario, una musica differenziata in sé stessa e nel rapporto con il suo sfondo ambientale, in dialogo con il silenzio che contiene e che la circonda, acquista valore (Saussure 1922) e dunque senso.