in collaborazione col
Dipartimento delle Arti Alma Mater Studiorum — Università di Bologna 

Diciannovesimo Incontro
dei Dottorati di Ricerca in Discipline musicali

sabato 23 giugno 2015, ore 10,15—13 e 14,45—17,45
Laboratori delle Arti
Bologna, piazzetta P. P. Pasolini 5b (via Azzo Gardino 65)

 

Abstracts

Marco Stacca (Roma “La Sapienza”)
Ponnelle, Dandini e la sottile linea rossa: teatro, musica e cinema nella sortita di un falso principe

«A partire dal Barbiere di Siviglia del 1968 a Salisburgo, cerchiamo di tracciare uno stile rossiniano fedele alle partiture originali in un lavoro comune con lo stesso direttore d’orchestra e con una compagnia tipo, che permetta un equilibrio tra virtuosismo e rigore, proprio dell’opera buffa»; parole di Jean-Pierre Ponnelle, che da un lato fanno espresso riferimento al sodalizio intessuto con Claudio Abbado e poi proseguito sulle scene italiane, dall’altro implicitamente omaggiano la stagione, allora incipiente nella musicologia italiana, delle edizioni critiche.

In tale direzione, l’edizione critica della Cenerentola, seconda solo a quella del Barbiere e anch’essa curata da Alberto Zedda, aveva donato nuova linfa alla musica rossiniana e, soprattutto, conferito un nuovo peso drammatico alla parte di Alidoro, anche grazie al reinnesto dell’aria scritta di pugno da Rossini per la scena vii, «Là del ciel nell’arcano profondo».

In occasione della prima italiana della “rinnovata” partitura (Firenze, Teatro Comunale, 1971) Ponnelle aggiunse poi un ulteriore tassello al restyling dell’opera rossiniana, rileggendo il personaggio di Dandini attraverso il filtro della modernità. Il momento più significativo rimane la cavatina di sortita del personaggio, «Come un’ape ne’ giorni d’aprile»: qui una regìa sagacemente ironica prende vita dalla musica rossiniana. Con l’ausilio di un’ampia documentazione iconografica (dai figurini per i costumi alle foto di scena) e video (ivi compreso un inedito del 1973 proveniente dagli archivi della Scala), l’analisi del brano rivela tecniche e procedimenti della regìa teatrale intrecciati con sottili rimandi al linguaggio cinematografico, in linea con la ricerca ponnelliana di uno stile performativo “autenticamente” rossiniano. Il regista trasforma Dandini in un personaggio nuovo, lontano dal cliché della maschera buffa quanto vicino al carattere goldoniano, che nel contempo trae linfa ed energia dalle intonazioni musicali anteriori della favola. La cavatina diventa così un raffinato esercizio di equilibrismo tra l’eredità del passato e la modernità dei linguaggi: lo spazio scenico si riduce a una sottile linea rossa in cui l’interprete agisce, si muove e, in ultima istanza, gioca secondo un sistema di regole precise.