in collaborazione col 
Dipartimento delle Arti Alma Mater Studiorum — Università di Bologna  

Ventitreesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Abstracts

 


FIORELLA SASSANELLI
 (Matera)

“L’Envol d’Icare” di Igor Markevitch: la vittoria attraverso la sconfitta

Ricorrente nelle arti visive sin dal periodo della Grecia classica, dove la sua icona agisce da monito all’impertinenza o sollecitazione al coraggio, il mito di Icaro raramente ispira la creatività musicale. Nel 1932, Serge Lifar, il successore di Diaghilev ai Ballets Russes, propone il soggetto a Igor Markevitch, allora un giovane compositore ucraino, portato al successo dallo stesso Diaghilev nel 1929 quando Markevitch ha appena diciassette anni: «Le sujet d’Icare provoqua en moi un choc […] Icare éveilla en moi une intuition qui me fit entrevoir dans des événements passagers de mon existence, leur absolu […] c’est le thème de la mort, nécessaire au couronnement de l’expérience, qui s’imposa» (Igor Markevitch, Être et avoir été, Paris, Gallimard 1980, p. 236). La stesura de L’envol d’Icare (composizione per grande orchestra in sette parti) viene completata nel 1932, mentre la prima esecuzione avviene a Parigi nel 1933. Intanto Lifar rifiuta di coreografare il lavoro, giudicando la musica troppo ardita e non intendendo in alcun modo bissare lo scandalo del Sacre du printemps. Assai sorprendente dal punto di vista timbrico, L’envol d’Icare anticipa sonorità poi usate da John Cage o Giacinto Scelsi. Jean Cocteau stesso, commentando alcuni anni dopo la composizione dell’amico Markevitch, la definisce «œuvre étonnante, muette, tapageuse, vierge, capable de tendre les nerfs de l’auditeur jusqu’au crime»; e aggiunge che si tratta della «première œuvre, depuis Le Sacre, qui se pose comme un bloc de délices, qui tombe de la lune, qui apporte d’un monde inconnu des grâces troublantes» («Igor Markevitch et Icare», Tempo, n° 23, marzo 1952, p. 6). Nel 1943 il musicista rivede la partitura nel pieno di una crisi che poco dopo lo allontanerà per sempre dalla composizione. Il compositore si fa direttore d’orchestra, ma questa non è che la prima reinvenzione della vita di Markevitch: più tardi egli si muterà infatti in teorico, infine in didatta. Più volte nel corso della sua carriera, il musicista cambia veste rinascendo sotto altra forma, esattamente come il suo Icaro che, non a caso, egli considera un testamento estetico. Rispetto al tragico esito della vicenda – la morte dell’eroe e il fallimento dell’impresa –, Markevitch guarda oltre: «Dans Icare on retrouve quelque part ses ailes, comme les restes d’un serpent qui a fait peau neuve. Ce sont les signes de renouveau» (Markevitch, op. cit., p. 236).