in collaborazione col 
Dipartimento delle Arti Alma Mater Studiorum — Università di Bologna  

Ventitreesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Abstracts

 


SILVIA URBANI
 (Venezia)

“Le nozze di Tetide” di Scipione Agnelli per Claudio Monteverdi: il «librettino» ritrovato

Il codice fattizio E.II.37.572 della Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova custodisce, in una copia calligrafica secentesca, il manoscritto della favola maritima intitolata Le nozze di Tetide, opera di Scipione Agnelli destinata alla musica di Claudio Monteverdi. A lungo considerata perduta, se ne aveva notizia soltanto attraverso l’epistolario del compositore. Appunto le missive, che forniscono una descrizione piuttosto dettagliata del testo poetico, ne hanno permesso l’identificazione. Il drammetto, ideato per le nozze del duca Ferdinando Gonzaga con Caterina de’ Medici, celebrate nel febbraio del 1617, non venne mai rappresentato, rimpiazzato all’ultimo dalla Galatea di Sante Orlandi.
L’assiduo scambio di lettere con Alessandro Striggio, l’autore della Favola d’Orfeo e funzionario della corte di Mantova, avvenuto tra i primi di dicembre 1616 e la metà di gennaio 1617, scandisce la rapidissima vicenda delle Nozze di Tetide, dall’incarico all’allestimento mancato.
Dalla corrispondenza emerge il pallido entusiasmo del compositore per il testo poetico, di cui mette a fuoco da subito alcuni punti deboli, quali la carente varietà scenica, che non gli consentirebbe di esibire la sua ricca tavolozza timbrica, la stravagante presenza di versi cantati da Venti Boreali e Zeffiretti che lo costringerebbe a «imittare il parlar de’ venti», che non parlano giacché «soffiano e sibillano». Monteverdi dichiara che «la favola tutta poi quanto alla mia poca ignoranza non sento che ponto mi mova, e con difficoltà anco la intendo, né sento che lei mi porta con ordine naturale ad un fine che mi mova; l’Arianna mi porta ad un giusto lamento; e l’Orfeo ad una giusta preghiera, ma questa non so a qual fine; siché che vole vostra signoria illustrissima che la musica possa in questa?».
Nonostante il giudizio sia in larga misura negativo, Monteverdi si mette all’opera, e quando, stando sempre alle lettere, verso metà gennaio gli viene comunicato da Mantova di sospendere la composizione, aveva già rivestito di note centocinquanta versi.
Sebbene non siano noti al momento abbozzi musicali, il ritrovato «librettino» consente di contestualizzare con maggior precisione le indicazioni che emergono dalle lettere, rivelandosi una fonte preziosa e molto istruttiva per delineare la poetica teatrale monteverdiana.