Il linguaggio è uno strumento essenziale per la costruzione, il consolidamento e il controllo della conoscenza. Quanto più si padroneggiano gli usi della lingua (nel parlato e nello scritto, nei contesti informali e formali), tanto meglio ci si inoltra negli stili, nei saperi critici e scientifici. L’educazione linguistica ha come obiettivo il consolidamento della competenza nell’uso del linguaggio, promuove l’acquisizione di un lessico ricco e versatile ed è essenziale per la comprensione critica dell’opera letteraria. In quest’àmbito, il momento interpretativo o ermeneutico – coi suoi approfondimenti interdisciplinari – è fondamentale giacché mira a una sempre maggiore comprensione del testo e allo sviluppo dello spirito critico.
Anche la trasmissione del sapere musicale avviene attraverso il linguaggio. Educazione musicale e educazione linguistica trovano un terreno comune nella capacità di verbalizzare in modo adeguato la musica ascoltata: obiettivo complesso, giacché la musica è arte temporale e povera di denotazione. Come per l’opera letteraria, la verbalizzazione deve portare a cogliere l’opera d’arte musicale in termini obiettivi, a descriverla con una distanza critica che porti conoscenza e consapevolezza. Il lessico utilizzato non è la semplice estrinsecazione di impressioni passeggere, frutto d’un ascolto proiettivo: al contrario, deve fornire spiegazione di ogni aggettivazione e definizione, dar ragione dei collegamenti fra le strutture e il senso. Il lessico specifico della musica è convertito in concetti, aggettivi, perifrasi riferibili anche ad àmbiti diversi da quello musicale (retorico-letterario, storico, psicologico, scientifico ecc.) e rimanda tanto a termini tecnici musicali quanto a qualità dell’esperienza sensoriale, affettiva ed emotiva (cfr. G. La Face, Le pedate di Pierrot. Comprensione musicale e didattica dell’ascolto, in Musikalische Bildung. Erfahrungen und Reflexionen/ Educazione musicale. Esperienze e riflessioni, a cura di F. Comploi, Brixen / Bressanone, Weger, 2005, pp. 40-60). Esempi evidenti nella descrizione dei timbri strumentali: quello del violino è “brillante” e “spigliato” quando esegue moduli melodici agili, ghirigorati e al contempo cantabili; la voce del flauto è “sibilante” se produce suoni simili a un fischio; il timbro dell’oboe è “penetrante” perché lievemente stridulo e pungente; il contrabbasso appare “brontolone” quando, nell’eseguire ostinatamente gruppi di rapide note al grave, dà l’idea di un borbottio stizzoso.
Il dialogo tra educazione linguistica e educazione musicale si gioca sul piano della verbalizzazione. In generale, l’obiettivo ‘lessico’ è centrale nella Scuola: la precisione, la capacità di utilizzare parole adeguate e pertinenti al registro e al contesto (ciò vale anche per i linguaggi settoriali, dalla politica all’economia, dalla medicina all’informatica), sono obiettivi perseguibili se si è consapevoli che l’incremento del patrimonio lessicale è una necessità di vita prima che un dovere di studio, per orientarsi nelle continue sollecitazioni comunicative che la società odierna propone.
Nicola Badolato
Assegnista di ricerca
Alma Mater Studiorum – Università di Bologna