Con riferimento alla riflessione crociana su arte e tecnica, Giulio Carlo Argan distingueva il prodotto di artigianato dall’opera d’arte: in questa, a suo dire, prevarrebbe il momento ideativo sulla realizzazione tecnica. I manufatti artigianali comportano spesso una considerevole perizia tecnica per la loro realizzazione, acquisita con lunghe ore di apprendistato e di pratica. A tale perizia l’opera d’arte aggiunge il pensiero e il confronto con la storia.

I prodotti della composizione musicale si ascrivono ad entrambe queste categorie: pur non essendo sempre opere d’arte, sono senz’altro opere d’artigianato che non possono prescindere da una buona dose di abilità tecnica, ossia quella che Théodore Dubois all’inizio del secolo scorso chiamava, nel suo Traité d’harmonie théorique et pratique, la «pieghevolezza della mano», ottenuta dall’allievo mediante uno studio costante e sistematico e il confronto coi modelli del passato.

Oggi però assistiamo a un fenomeno particolare. Abbiamo a disposizione software di facilissimo utilizzo che permettono a chiunque ne abbia voglia di comporre brani di musica anche senza essere musicalmente alfabetizzati né saper suonare alcuno strumento (ho deliberatamente usato il verbo ‘comporre’ nella sua accezione più larga, di ‘porre insieme’, ‘montare’). Altri software, invece, permettono lo smontaggio di brani di musica preesistenti e il loro reimpiego in un diverso prodotto sonoro, mediante pochi e semplici gesti al computer. La facilità di queste procedure non ha più nulla a che vedere con qualsivoglia capacità artigianale.

L’evoluzione della tecnologia ci permette forse di superare senza fatica lo scoglio della padronanza del materiale sonoro, ma quali sono i risultati? Senz’altro l’approccio alla composizione musicale consentito dalla computer music ha dei punti di contatto con molte procedure compositive degli ultimi cent’anni. Per esempio, lo smontaggio e montaggio di materiali sonori eterogenei era già ampiamente utilizzato da Stravinskij e dai primi sperimentatori della musica elettroacustica. E però la musica d’arte dell’ultimo secolo ha mantenuto, anzi rafforzato il momento ideativo, il pensiero che sta alla base di ogni atto creativo.

Invece il troppo facile accesso al confezionamento di musica, oggi offerto alla portata di tutti – anche di chi è privo di perizia tecnico-artigianale –, finisce per legittimare anche la mancanza di pensiero. Se non importa più apprendere le tecniche, v’è il rischio che non si senta più la necessità di un confronto con modelli dai quali trarre un insegnamento: da qui il pericolo di un appiattimento sul presente, privo di confronto con la storia e privo di riflessione su cosa sia il prodotto della propria attività compositiva.

Maria Teresa Arfini

Docente a contratto di Educazione Musicale

Università della Valle d’Aosta


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