Diciottesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Bologna, 21-23 novembre 2014

 

Abstracts

Anna Giust (Padova)
“Gli inizi del governo di Oleg” (1790): Sarti, Canobbio e Paškevič al servizio di un’idea

Commessa internazionale nella sede cosmopolita di San Pietroburgo, Gli inizi del governo di Oleg è un saggio di Caterina II nell’ambito del teatro musicale serio. La prima, svoltasi al Teatro dell’Ermitage nel 1791, fu accompagnata dall’edizione della partitura d’orchestra, che, oltre a essere un raro testimone della produzione musicale coeva, è da intendersi come dichiarazione d’intenti: nella pubblicazione una Spiegazione sottoscritta da Giuseppe Sarti motiva il ricorso ai modi greci nel trattamento musicale del soggetto.

Sarti era cresciuto artisticamente in un contesto che aveva a cuore la musica antica, e aveva dimestichezza con l’eredità della musica greca; tuttavia l’intento di ricorrere alla modalità si spiega anche con la natura di manifesto della rappresentazione stessa, che esprime l’ideologia politica della sovrana. La rappresentazione era intesa a celebrare il potere militare russo, le recenti vittorie nella guerra con la Turchia e la preparazione all’invasione di Costantinopoli, nell’ambito di una politica espansionistica e di ricerca di analogie tra la Russia e gli imperi dell’antichità, che figurano tra i principali criteri d’identificazione del paese e di legittimazione del regno della ‘zarina tedesca’.

Più concretamente l’Oleg metteva in scena il progetto di Caterina di far rivivere l’Impero Greco e porvi sul trono il nipote Konstantin Pavlovič. In questa prospettiva il ricorso ai modi greci abbinati ai motivi folclorici russi che permeano il resto della partitura appare coerente con l’ideologia del libretto. Anello di congiunzione tra elemento greco e russo è la figura di Nikolaj L’vov, esperto di folclore musicale e ammiratore della cultura greca antica, nonché traduttore della Spiegazione sartiana. Nello studio introduttivo alla propria Raccolta di canti popolari russi – che avrebbe ispirato anche il Beethoven dei Quartetti Razumovskij –, L’vov teorizzava la derivazione dalla musica russa da quella greca.

Piuttosto che pasticcio dovuto alla composizione a più mani, la musica dell’Oleg appare quindi come una sintesi volta a incarnare l’affinità tra i due imperi e l’interpretazione della Russia quale Impero pronto a raccogliere l’eredità di Bisanzio.

In questo senso il teatro russo sembra sostituirsi a quello italiano nella funzione celebrativa del paese, chiudendo un ciclo nella storia dell’opera italiana alla corte di Pietroburgo: se un nuovo capitolo era destinato ad aprirsi nella vita musicale del paese, ciò si sarebbe compiuto con modi e protagonisti del tutto diversi.