Benedetta Zucconi (Berna)
La riflessione sulla musica incisa in Italia negli anni Trenta

Sul volgere del ventesimo secolo la musica registrata iniziò a emanciparsi dal pregiudizio che la relegava a un ruolo di mero intrattenimento superficiale, insinuandosi, con il progredire della tecnologia e delle sue prestazioni, nel mercato della musica considerata ‘colta’ ed entrando a far parte del dibattito musicale, anche grazie alla nascita e alla diffusione di riviste specializzate. Ciò, tuttavia, avveniva soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, mentre nell’Italia di inizio Novecento, sebbene la musica su disco avesse già raggiunto una discreta diffusione, la riflessione attorno al nuovo mezzo procedeva a rilento. Fu solo attorno agli anni Trenta che iniziarono a profilarsi le prime iniziative vòlte ad analizzare tale dirompente fenomeno culturale. In questo periodo nacquero le prime riviste a tema esclusivamente discografico, come «Il Disco: bollettino discografico mensile» (1933-1937), dove la recensione di incisioni afferenti ai generi musicali più disparati era affiancata ad articoli di approfondimento, destinati all’informazione e all’educazione del pubblico in materia discografica; una rivista autorevole come «Rivista musicale italiana» istituì una rubrica per la recensione di registrazioni coeve. Negli anni Trenta il dibattito sulla musica registrata iniziò ad affermarsi anche all’interno di convegni, come avvenne ai Congressi Internazionali di Musica organizzati a Firenze nel 1933 e nel 1937, durante i quali si riservò ampio spazio all’argomento della discografia. Di poco precedente è poi la fondazione della Discoteca di Stato (1928). Non è un caso che l’interesse nei confronti della musica su disco sia sorto contemporaneamente all’istituzione della radio di stato (EIAR), che contribuì dalla fine degli anni Venti a una diffusione capillare della ‘musica meccanica’, e che, al contrario del grammofono, fu subito oggetto di riflessione, trovando presto anche una collocazione editoriale (si pensi al «Radiorario», poi «Radiocorriere»). Sebbene a fatica, anche a causa delle leggi fasciste finalizzate a limitare l’afflusso di prodotti stranieri, l’Italia iniziava così a colmare la distanza con gli altri paesi europei anche nel neonato campo della discografia.