Diciottesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Bologna, 21-23 novembre 2014

 

Abstracts

Jacopo Doti (Bologna)
Vis (melo)drammatica e ‘dvoeverie’ nella cantata “Primavera” di Sergej Rachmaninov

Fra il gennaio e il febbraio del 1902 Rachmaninov scrive una cantata di argomento profano – Vesna [Primavera] – per baritono, coro e orchestra. Il testo intonato dal compositore è tratto da un breve componimento di Nikolaj Nekrasov, Zelënyj šum [Lo Strepitio verdeggiante]. In esso il celebre poeta russo propone un apologo sulla charitas cristiana che ha come sfondo l’ebbro risvegliarsi del Creato all’arrivo della primavera. Al pari del gelo invernale, l’animo del protagonista – un uomo tradito dalla moglie, rea confessa – si scioglie in un afflato misericordioso e unisce la propria voce al cantico della Natura, che inneggia, nel suo fulgore, alla clemenza divina. Si tratta di un tipico esempio di dvoeverie (letteralmente, ‘doppia fede’, ‘bicredenza’), in cui l’animismo di ascendenza pagana (già evocato nell’eloquente sinestesia del titolo) viene riassorbito (se non addirittura risemantizzato) nell’alveo del credo ortodosso.

Lungi dall’indulgere nel colorismo che caratterizzava alcune sue composizioni giovanili, tanto da venire rimbrottato a tal riguardo da Rimskij-Korsakov, Rachmaninov preferisce porre l’attenzione sul dramma interiore del protagonista, a cui è affidato un lungo monologo patetico, tagliato su misura per le doti interpretative del celebre basso russo Fëdor Šaljapin. Gli episodi di natura sinfonico-corale, orditi in un tessuto motivico cangiante, fanno da cornice all’ipotiposi del protagonista, realizzata efficacemente tramite un fluttuante recitativo-arioso di chiara ascendenza operistica.

Ci troviamo quindi di fronte a un’ibridazione del genere ‘cantata’, che mantiene sì il suo carattere celebrativo (si tratta, in fin dei conti, di un “Trionfo della Primavera”), ma viene al contempo fecondata da elementi riconducibili al genere operistico e a quello più propriamente sinfonico. Ed è proprio nella cornice sinfonico-corale che Rachmaninov, tramite una sapiente opera di metamorfosi (se non addirittura di trasfigurazione) degli intrecci tematici, traduce in musica l’ormai pacificato sincretismo cultu(r)ale del componimento di Nekrasov.