Diciottesimo Colloquio di Musicologia
del «Saggiatore musicale»

Bologna, 21-23 novembre 2014

 

Abstracts

Luca Ambrosio (Pavia-Cremona)
La collaborazione compositiva nell’opera romana di fine Seicento: esempi significativi e linee di ricerca

Nell’arco di tempo che va dal rientro di Giulio Rospigliosi dalla nunziatura apostolica in Spagna (1653) alla fine del secolo si contano, nella città eterna, quasi un centinaio di titoli operistici, la cui concentrazione e rarefazione nel tempo dipese dal maggiore o minore interesse che i diversi pontefici tributarono agli intrattenimenti profani in generale (e a questo tipo di spettacolo in particolare). Rientrano in questo elenco le ultime opere barberiniane (1654-6), gli spettacoli privati o semi-privati imputabili al florido mecenatismo nobiliare di quegli anni, e le produzioni impresariali dei pubblici teatri di Tordinona (1671-4 e 1690-7), Capranica (1693-8)1 e Pace (1694).

Un repertorio tanto frastagliato dalle vicende del tempo è naturalmente connotato da un’irriducibile eterogeneità, ma altrettanto variegate, se non di più, sono le tipologie di collaborazione compositiva riscontrabili in questo elenco, e le forme in cui questa si esplica, in relazione alle diverse fasi dell’attività di creazione di un “manufatto” culturale complesso quale è, senza dubbio, un melodramma.

Nella stesura del libretto, che sottende una serie di atti compositivi quali l’orditura di una trama (fabula), la sua articolazione (in atti, mutazioni, sequenze, scene) e la strutturazione delle parti dei personaggi (con conseguente versificazione), l’eventualità di una collaborazione a quattro mani, passo per passo, è più unica che rara; nel contesto in questione emergono piuttosto alcune situazioni molto più sfumate, estremamente interessanti, e soprattutto gravide di spunti e riflessioni sul concreto, a tratti quasi “artigianale”, processo di redazione di un testo destinato, in primo luogo, alla ricreazione di un pubblico esigente ed esperto.

Sull’altro versante creativo, quello relativo al lavoro del compositore della musica, spicca una teoria di titoli degli ultimi anni ’90, per lo più destinati alla fruizione del pubblico pagante, le cui Vertonungen furono affidate a tre diversi musicisti (uno per ciascun atto), una sorta di coproduzione di cui sono noti esempi fino a Settecento inoltrato, in Italia come altrove; anche in quest’ambito, comunque, è ampia la rosa di situazioni intermedie, da vagliare caso per caso, e di cui si fornirà qualche esempio emblematico. L’esistenza, infine, di alcuni mss. parzialmente autografi, spalanca le porte al discorso relativo all’eventuale presenza di collaboratori esperti (copisti e/o allievi), cui venisse demandata la realizzazione di circoscritte porzioni dell’opera (alcuni recitativi, ma non solo) secondo le direttive e/o sotto la supervisione dell’autore, in maniera del tutto similare a quanto è ormai attestato da diversi studi sugli atelier di alcuni importanti pittori dell’età moderna, e comincia ad intravedersi anche in merito a musicisti della caratura di Händel e Hasse, e non solo. A palazzo Capranica fin dal 1681 ebbero luogo diversi spettacoli privati, ma non con la regolarità che contraddistinse poi la successiva produzione impresariale.