in collaborazione col 
Dipartimento delle Arti Alma Mater Studiorum — Università di Bologna  

Ventunesimo Incontro 
dei Dottorati di Ricerca in Discipline musicali

sabato 20 maggio 2016, ore 10,15—13 e 14,45—17,30
Laboratori delle Arti
Bologna, piazzetta P. P. Pasolini 5b (via Azzo Gardino 65)

 

Abstracts

 

Mario Carrozzo (Pavia – Cremona)
La teoria del ritmo di Riemann: premesse filosofiche e prospettive attuali

La teoria musicale di Hugo Riemann (1849-1919) è radicata nella psicofisica tedesca coeva e trae la propria linfa dallo sforzo di superare il paradigma idealista grazie ai metodi delle scienze naturali. Una volta accertata la possibilità di misurare i rapporti fra stimoli e sensazioni, si aprì agli studiosi ottocenteschi l’accesso all’indagine sperimentale sulla vita dell’anima, ossia a quella psicologia empirica la cui possibilità Kant aveva negato.

Su questo sfondo Hermann Lotze formulò la teoria dei ‘segni locali’, secondo cui la comprensione visuale del movimento sarebbe abilitata dall’attività mentale che traduce lo sforzo del muscolo oculare in cognizione dello spazio esterno. Tramite alcuni fenomeni associativi, ciò favorirebbe la partecipazione dello spettatore alle dinamiche immanenti alle raffigurazioni delle arti visive.

Riemann estende alla musica la pertinenza di questi principii, ma prescinde dai fenomeni associativi, sostenendo che essa sia intrisa di ciò che è accessibile solo indirettamente alle altre espressioni artistiche, ossia della dinamica psichica in sé. È l’analisi musicale, dunque, quella scienza della vita dell’anima che Kant aveva bandito dalla metafisica. E come secondo Lotze la percezione degli oggetti nello spazio implica l’evocazione mentale del gioco di pesi e di equilibri che li lega, così per la teoria riemanniana del ritmo e del metro, basata sul modello anacrusico, la successione degli eventi sonori musicali determina una rappresentazione mentale del continuum temporale scandito da una serie di vettori direzionali, da un senso di aspettativa stratificato.

Da tale griglia teorica scaturisce una strategia analitica che dà tuttora utili riscontri rispetto alle concrete modalità dell’ascolto musicale, alla morfologia delle composizioni e alle “impronte digitali” stilistiche dei singoli autori.