Una studentessa del mio corso magistrale di Filosofia della Musica, dedicato quest’anno al tema della Voce, ha parlato nel suo scritto d’esame del miracolo della voce cantata. Ne riassumo il messaggio: intonando un ‘la’, chi canta riesce in primo luogo a comandare a piccole parti del proprio organismo di vibrare un certo numero di volte per una piccola frazione di secondo; e, in secondo luogo, a produrre un evento fisico con la forza del pensiero, dato che la nota risuona ‘così come la pensi’: «tutto ciò», conclude la ragazza, «lo trovo assolutamente straordinario». Vorrei sottolineare di questo testo lo stupore che comunica di fronte al ‘miracolo della voce’. Si direbbe che nella voce questa ragazza abbia ritrovato la meraviglia che da Aristotele è sempre stata all’origine del desiderio di sapere. Mi chiedo se il musicologo attuale conservi nel proprio petto e nella propria mente questa passione primitiva. Sappiamo della voce mille volte più di quanto non si è capito nel corso dei circa 2300 anni trascorsi dai primi mirabili scritti aristotelici. È forse per questo che la voce ha cessato di stupirci? Non mi riferisco alle voci dei cantanti che amiamo e che sono capaci di sorprenderci ogni volta che doniamo loro il nostro ascolto. Quel che mi pare abbia cessato di stupire è l’idea della voce, la voce come oggetto di conoscenza. Nella voce ha origine la vita e nel canto risuona l’amore della vita: si canta perché si è felici, o perché nel canto si ritrova una promessa di felicità. A un estremo la voce è il grido animale generato dagli organi interni cui comanda imperioso l’affetto che spinge fuori con violenza l’aria nei polmoni cercando un contenimento nell’ascolto d’altri; all’altro estremo la voce è il logos, parola intenzionata dall’anima che imprime il proprio registro razionale alle parti accordate del corpo per conformare l’aria che respiriamo con la docile forza dell’intelligenza. Nella voce cantante si celebra infine, come non mai, il miracolo della voce: i due estremi del logos e dell’affetto trovano nella voce cantante quella mirabile accordatura che l’aria educata del canto porta a compimento, celebrando ogni volta il miracolo della voce cantante. Se per Leopardi gli uccelli, aerei dentro e fuori, sono i più felici tra i viventi della Terra, il musicologo è certo il più ricco tra gli studiosi dell’uomo: aperto allo stupore e alla meraviglia della Bellezza che la voce cantante enuncia, il musicologo dà senso a una materia vivente, conforma e riplasma nel discorso i suoni e le voci che cantano le storie del mondo e degli uomini. Chi, più e meglio del musicologo, potrà testimoniare e rinnovare, con lo stupore dei pensieri e del cuore, in parole e discorsi, il continuo rinnovarsi del miracolo della voce?

Paolo Gozza

Ordinario di Filosofia della Musica

Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

 

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