L’Enfant et les Sortilèges di Ravel tra sogno e realtà… educativa

«Un sogno con sfumature di incubo», così Maurice Ravel definì la sua fantaisie lyrique in occasione della prima rappresentazione avvenuta a Montecarlo nel 1925. In effetti i versi di Sidonie-Gabrielle Colette che ne ispirarono la musica, così moderna e innovativa nella sua «mescolanza di stile» (Ravel), narrano una vicenda dalla forte tinta fantastica. Un bambino di circa sette anni viene messo in punizione dalla madre perché non vuol fare i compiti, e rinchiuso nella sua cameretta è preda di una reazione aggressiva che lo spinge a prendersela con tutto ciò che trova a tiro: pugni e urla alla porta, tazza e teiera frantumate, fuoco attizzato, bollitore rovesciato, libro e quaderni lacerati, pendolo dell’orologio divelto. All’improvviso, come per un incantesimo, gli oggetti maltrattati si animano e consumano la loro vendetta: la poltrona si sposta e non fa sedere l’«enfant aux talons méchants», tavolo, sedia e divano lo incalzano minacciosi, l’orologio non smette più di suonare le ore, tazza e teiera dialogano in cinese, il fuoco fuoriesce dal camino. Terrorizzato, il piccolo si rifugia nel bosco, ma anche qui l’atmosfera è da incubo: alberi, insetti, rospi e pipistrelli lo inseguono, mentre altri animali si azzuffano per chi debba morderlo. Poi, quasi senza volere, chiama la mamma, mentre nel parapiglia uno scoiattolo resta ferito e gli cade innanzi. Succede ora qualcosa d’inaspettato: col fiocco che aveva al collo il bimbo benda la zampetta della bestiola, poi s’accascia sfinito; stupiti e commossi dall’umanità del gesto, tutti gli animali si pentono e a loro volta prestano soccorso, conducendo il bambino lì dove soltanto può trovare cure e conforto, a casa dalla mamma.

Quattro anni dopo la première Melanie Klein, caposcuola con Anna Freud della psicoanalisi infantile, pubblicò sull’International Journal of Psycho-Analysis un articolo intitolato Situazioni d’angoscia infantile espresse in un’opera musicale e nel racconto di un impeto creativo. In tale articolo, di rilevanza storica e teorica per l’originale collegamento tra attività creativa artistica e concetto di ‘riparazione’, la studiosa austriaca si affidava alla descrizione proprio dell’opera di Colette e Ravel per illustrare fondamentali processi psichici dei bambini osservati durante le sedute di gioco e, al contempo, avere conferma di alcune sue intuizioni psico-pedagogiche. Secondo la Klein esiste nel bambino un quoziente di aggressività intrinseca che si esprime in attacchi sadici al corpo materno e ai suoi contenuti fantasmatici. Questi attacchi, però, finiscono per ritorcersi contro di lui in virtù della proiezione sugli oggetti della sua aggressività. Egli immagina che le cose prese di mira siano esse stesse cattive e persecutorie, e che finiscano per distruggerlo con un sadismo pari a quello con cui nella fantasia ha colpito l’oggetto materno. L’intero processo di riparazione consiste nel passaggio da una posizione ‘schizo-paranoide’ a un’altra ‘depressiva’: dopo aver aggredito il suo primo oggetto d’amore, il corpo materno, il bambino prova un senso di colpa, si affligge per il danno provocato e mette in atto tutta la sua creatività per porre riparo all’oggetto danneggiato. Angosciato dalle sue tendenze aggressive – scrive Melanie Klein – «cerca di fare il bravo e di riparare a ciò che ha fatto. Talvolta tenta di aggiustare il pupazzo, il trenino o ciò che ha appena rotto; talvolta esprime queste stesse tendenze di natura reattiva nel disegno».

Esattamente come l’enfant che rimedia alle malefatte prendendosi cura dello scoiattolo: cosa può meglio della musica e delle arti immaginare il reale dell’esistenza, insegnare la vita dando forma alla sua forza?

Giorgio Ruberti
Professore associato di Musicologia e Storia della Musica
Dipartimento di Studi Umanistici – Università degli Studi di Napoli Federico II

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