3 commenti

  1. Bravissima come sempre Ilaria. Una analisi molto puntuale con rigore scientifico e una mano sul cuore. Le mando un abbraccio

  2. Articolo veramente gradito per avere evidenziato nuove prospettive esistenziali in ciascuno di noi. Le quali prospettive emergono in conseguenza di questa grave sciagura che si è abbattuta sull’Umanità. La quale sciagura non ha prodotto solo danni in termini di vite umane, ma anche danni sul piano psichico ed esistenziale su ciascun individuo e danni economici.

  3. Eugenio Gabriele Raimondo

    Sono un assiduo lettore della rubrica “Gocce”!
    Mi sia permessa, gentilmente una riflessione critica sugli ultimi due “effetti psicosociali della pandemia” presentati dall’autrice nel suo intervento.
    In primis, una considerazione riguardo allo “in-demandabile bisogno di introspezione” – ovvero – al “risveglio di quella ‘necessità di introspezione e di sincerità con noi stessi’”:
    la realtà dei fatti, non ci vede affatto divisi in “due gruppi” (a seconda del mestiere e della professione). Se vogliamo veramente essere sinceri con noi stessi, quei gruppi rappresentano una netta minoranza!
    Esiste un insieme di persone (ben più numeroso), di professionisti, lavoratori e collaboratori operanti (o che operavano) nei più svariati ambiti. Persone che – in piccola parte – svolgevano un’attività frutto di una già ponderata “scelta vocazionale” o – nella maggior parte – avevano accettato un mestiere non per vocazione ma per necessità; non per “opportunità” (o peggio ancora opportunismo) ma , semplicemente, per permettersi di portare il pane a tavola, per guadagnarsi dignitosamente la pagnotta! Ed ho usato verbi al passato (svolgevano ed avevano accettato) perché oggi, molta di quella gente non ha più la possibilità di portare avanti quell’attività, costretta al licenziamento, alle dimissioni e persino al fallimento! Persone che si vedono negare quella fondamentale opportunità (questa sì!) di vita, proprio a causa delle conseguenze provocate dalla pandemia. Persone che rappresentano veramente l’epicentro degli “effetti psicosociali” causati dal coronavirus. Persone che vorrebbero, più di ogni altra cosa al mondo, “alzarsi ogni giorno, uscire di casa e andare avanti” per compiere il proprio dovere! Ma che sono impossibilitati non per mancanza di coraggio, ma perché si trovano preclusa l’uscita di casa e sono socialmente emarginati ed abbandonati!
    Infine, in riferimento alla “digitalizzazione” bisognerebbe – forse – porsi delle domande:
    se ci siamo – giustamente – resi conto della “povertà del sistema ‘capitalismo occidentale’”, perché mai dovremmo attuare una “resa incondizionata alla digitalizzazione di strumenti e processi” creati da quello stesso sistema che da essi si alimenta? Perché non potremmo scegliere di utilizzare questa digitalizzazione in modo attento e parsimonioso, consapevoli dell’utile ausilio che ci ha fornito, ci fornisce e può fornirci? Perché dovremmo avere l’aspirazione o la pretesa (questa sì prepotente ed inefficace) di curare o istruire qualcuno ‘da remoto’? Non abbiamo – proprio in questi tempi difficili – compreso che ciò non può funzionare né in campo sanitario, né in ambito scolastico? La storia non ci ha insegnato che – ad esempio – l’istruzione non può prescindere dall’interazione reale, essenziale e dal vivo, tra discenti che devono stare (il più possibile composti) seduti ai propri banchi e docenti che devono stare (il più possibile attivi) dietro una cattedra?
    Allora, spero con tutto me stesso che si possa risvegliare in noi un ritrovato e rinnovato realismo!
    E spero che, anche quando ci sembrerà impossibile portare avanti quelle dignitose e ponderate scelte di vita, potremo continuare comunque quel nostro cammino sulla retta via!
    L’impossibilità diventerà esigenza!
    Una volta, un grande uomo disse: “Siamo realisti, esigiamo l’impossibile!”. Mai come ora un’affermazione che ritorna ricca di forza e speranza!
    Con l’augurio di ritrovarci su quella retta via – lungo il nostro cammino – “romantici, ambientalisti, sobri, introspettivi, responsabili e digitali” come e più di quanto lo eravamo già! Ma ancor di più realisti! E, magari, a braccetto con quell’adorabile vecchietto che ha ancora tanto da insegnarci!
    (Immagine, certo, meno triste di quella a chiusura dell’intervento in questione!!!)

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