INTERVENTO · Una noterella preliminare sull’improvvisazione

Il concetto e la prassi musicale definiti “improvvisazione” sono a tutt’oggi oggetto di una serie di fraintendimenti e di approssimazioni, non di rado frutto di una visione ideologica, che prescinde dagli accertamenti storici, etnomusicologici e musical-performativi. È quindi utile rimarcare che l’improvvisazione si basa nella maggior parte delle tradizioni sull’esistenza di strutture predeterminate – ritmico-metriche, melodiche, armoniche – collettivamente condivise, che costituiscono il fondamento sul quale l’interprete sviluppa il proprio costrutto musicale (va da sé che tali caratteristiche ricorrono in modo più pervasivo quanto più sviluppati sono il talento e il vocabolario formulaico dell’improvvisatore). De facto l’improvvisazione completamente libera da qualsiasi vincolo o prescrizione costituisce solo una porzione assai ristretta, liminare della musica non scritta delle tradizioni occidentali ed extra europee. È quindi fuorviante identificare l’improvvisazione con la totale ‘libertà’ nell’emissione dei suoni, e altrettanto errato è il pensare che l’interprete possa esprimere musicalmente la propria individualità in assenza di qualsiasi vincolo o ‘obbligo’, e senza mediazione tra il contenuto e la forma dell’espressione. Questo diffuso fraintendimento istituisce un nesso imperativo tra l’improvvisazione ‘libera’ e la presunta, diretta espressione dei vissuti interiori dell’esecutore, all’insegna di una spontaneità e di una libertà che erroneamente si ritiene impossibile da raggiungere in un’improvvisazione strutturata e dotata di regole e procedure.

È dunque importante evitare tale confusione nel considerare l’improvvisazione nelle sue molteplici e ricchissime declinazioni proprie delle diverse civiltà musicali, e procedere invece dall’assunto che essa è sempre il risultato di uno studio sistematico da parte dell’esecutore (che deve conoscere e padroneggiare in modo approfondito il proprio strumento o la propria voce) delle tecniche musicali e della tradizione stilistica e linguistica che costituiscono il sostrato condiviso della specifica koiné improvvisativa alla quale egli fa riferimento. È altresì importante rimarcare come, nella stragrande maggioranza dei casi, un costrutto improvvisato è il frutto di un’interazione collettiva all’interno di un ensemble, in una dialettica tra singolo ed ‘insieme’, regolata sia dalle strutture soggiacenti all’improvvisazione, sia dalla capacità di ogni musicista di ‘inter-suonare’, di interagire musicalmente con l’intero complesso strumentale.

Tali brevi considerazioni sono forse utili per elaborare una didattica dell’improvvisazione musicale di base nell’ambito scolastico. Un qualsiasi percorso formativo dedicato all’improvvisazione dovrà far esperire al discente (attraverso l’indispensabile ricorso ad esercizi preparatori) la consapevolezza che il processo improvvisativo prende forma grazie ad una serie di elementi ricorrenti: all’inizio del percorso didattico, sulla base del principio di gradualità, questi saranno molto semplici (una scala o un suo frammento, una o due brevi figure ritmiche, una sequenza di pochissimi accordi che si ripetono circolarmente per numero fisso di battute, ecc.). L’allievo dovrà utilizzare tali elementi per inventare all’impronta una catena di figure musicali elementari, collegate coerentemente tra loro, che progressivamente si configurino come un “discorso” musicale unitario, dotato di una logica interna. Naturalmente è indispensabile che a tal fine il discente sviluppi progressivamente una capacità di ascolto e di identificazione via via più immediata e precisa delle diverse componenti musicali (intervalli, accordi, assetto metrico, figure ritmiche, andamento metronomico, ecc.) utilizzate nella propria improvvisazione e in quella dei suoi compagni. Un ascolto strutturale è infatti fondamentale per esercitare il controllo sull’invenzione anche nell’ambito di un percorso educativo di base. Solo con l’affinamento dell’ascolto parametrico si può riuscire progressivamente a realizzare all’impronta – con lo strumento o con la voce – ciò che la propria mente musicale elabora e seleziona, e procedere poi al dispiegarsi dell’improvvisazione. Un percorso didattico rigoroso che parta da detti presupposti, riuscirà a sviluppare nell’allievo la consapevolezza che l’invenzione musicale improvvisata deve essere costruita secondo precisi principi di logica e coerenza musicali.  L’allievo potrà con il tempo apprendere un nucleo di nozioni, procedimenti e idee che andranno a formare un suo primo, specifico vocabolario musicale, indispensabile per giungere ad una vera invenzione improvvisativa, dotata di coesione costruttiva e sottigliezza espressiva. 

Paolo Cecchi

Professore associato

Dipartimento delle Arti – Università di Bologna

Suggerimenti bibliografici per ulteriori approfondimenti

Vincenzo Caporaletti, I processi improvvisativi nella musica. Un approccio globale, Arezzo, LIM, 2005.

Frank Tirro, Constructive Elements in Jazz Improvisation, “Journal of the American Musicological Society”, XXVII/2, 1974, pp. 285–305.

Paul F. Berliner, Thinking in Jazz: The Infinite Art of Improvisation, Chicago, University of Chicago Press, 1994.

Simha Arom, Le ragioni della musica: scritture di musicologia africanista, a cura di Maurizio Agamennone e Serena Facci, Lucca, LIM, 2013 [i dieci saggi di un grande etnomusicologo raccolti nel volume risultano utili per far comprendere, anche al non specialista, come molte musiche a carattere improvvisativo di popolazioni dell’Africa centrale siano governate da principi e strutture musicali che assolvono precise funzioni logico-costruttive].

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *